Sri Lanka, Pasqua di terrore

Sri Lankan security personnel walk through debris following an explosion in St Sebastian's Church in Negombo, north of the capital Colombo, on April 21, 2019. - A series of eight devastating bomb blasts ripped through high-end hotels and churches holding Easter services in Sri Lanka on April 21, killing nearly 160 people, including dozens of foreigners. (Photo by STR / AFP)

Negli attentati rivendicati dall’Isis sono morte oltre trecento persone

Il giorno di Pasqua in Sri Lanka, nelle città di Colombo, Negombo e Batticaloa, si sono verificate una serie di esplosioni in chiese, alberghi e abitazioni. Pesantissimo il bilancio delle vittime: sono morte 321 persone mentre oltre 500 sono rimaste ferite.
Dietro il sanguinoso attentato, tra i più gravi in termini di vittime nella storia del paese asiatico, c’è la mente diabolica dell’Isis. Il 23 aprile sull’isola è stata proclamata una giornata di lutto nazionale e tutto il Paese si è fermato per tre minuti dalle 8.30, in ricordo di quelli che vengono definiti “i martiri dello Sri Lanka”. Pubblichiamo la testimonianza della corrispondente dell’agenzia AsiaNews (www.asianews.it).

L’intero villaggio di Katuwapitya (un quartiere della città di Negombo) è in lacrime. Le strade e le case sono decorate con bandiere bianche e striscioni, in segno di lutto. Qui sorge la chiesa di St. Sebastian. Di tanto in tanto rintocca la campana della chiesa per rendere omaggio a coloro che se ne sono andati. Padre Sanjeewa Appuhamy, assistente parroco, racconta che coloro che “se ne sono andati” sono i “defunti che ora si trovano con il Padre celeste”.

Ad AsiaNews padre Sanjeewa, assistente della parrocchia di Katuwapitya, racconta: “Dopo la messa stavamo ascoltando il discorso di ringraziamento del Consiglio parrocchiale. All’improvviso abbiamo udito un grande frastuono e poi uno scoppio. Purtroppo in un secondo abbiamo perso molti parrocchiani. È una tragedia. La grande domanda è perché le persone compiono un gesto così crudele contro altre persone”.

In questo momento, continua, “invece di chiedere ‘Dov’è Dio?’, dovremmo chiedere a noi stessi: ‘Che cosa abbiamo fatto per avere una simile tragedia?’. Dovremmo pensare a cosa dobbiamo fare affinché eventi simili non accadano nella nostra società. Siamo cristiani e dobbiamo esaminare questa tragedia in maniera paziente, senza accusare nessuno”.

Continua a leggere tutto l’articolo di Melani Manel Perera su La Libertà dell’1 maggio

 



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