EUROPA CHI SEI?

Dai migranti alle chiusure domenicali, dalle politiche economiche all’intelligence, ormai l’Europa è divisa su tutto. Mi sorprende, però, il fatto che nessuno si chieda perché, cosa c’è all’origine di questa litigiosità permanente, così lontana dallo spirito dei padri fondatori. Forse l’Europa è una chimera oppure non sappiamo più cos’è l’Europa, abbiamo dimenticato i fondamenti della sua identità.
Europa, chi sei?
Non certo un’espressione geografica. Infatti l’Europa non è altro che l’appendice occidentale dell’Asia. Allora cosa identifica l’Europa, cosa la distingue dal resto del mondo, cosa ne fa un’entità a sé stante, tanto da sentire il bisogno di un’unità politica?

L’idea di una comunità caratterizzata da popoli diversi con valori condivisi è da ricondursi alla Grecia antica, la cui cultura, costumi e istituzioni si contrapponevano a quelli dei ‘barbari’ dell’Asia. Contro lo strapotere dell’impero persiano determinato a invaderla, intorno al 500 a. C. la Grecia oppone una strenua resistenza. Poteva rassegnarsi a diventare l’ennesima satrapia dell’impero, evitando una sicura distruzione, ma la posta in gioco era troppo alta: la libertà politica e di pensiero che la distinguevano dai regimi tirannici allora dominanti, tanto da indurla a rischiare il tutto per tutto. Non a caso nelle colonie asiatiche della Grecia in quei tempi nasce la filosofia. L’uomo avverte che nelle cose è nascosto un senso profondo e una razionalità, intuisce la possibilità di indagarne i termini, si impegna appassionatamente nella sua ricerca. A partire da Eraclito, passando per tutti i grandi della filosofia, oggetto del pensiero è il principio e fondamento della realtà: il “logos”.

La tentazione di tornare a forme di religiosità orientaleggianti, irrazionali e misteriche ha, tuttavia, percorso tutta l’antichità, dall’impero di Alessandro all’impero romano, anche se alla romanità dobbiamo riconoscere il merito di aver sviluppato una concezione originale del diritto e della legge, essa pure confluita nel plasmare l’identità europea.
Ma ecco che l’apostolo Giovanni all’inizio del suo Vangelo pone un’affermazione sconcertante. “En archê ên ho Lógos,….. kai ho Logos sarx egeneto” – “In principio era il logos … e il logos si è fatto carne”.
Il Figlio fatto carne è il senso e il principio razionale di tutto ciò che esiste. Il fondamento a lungo cercato si rende visibile in forma d’uomo, diventa uno di noi.
Dice Papa Benedetto nel suo celebre discorso all’università di Ratisbona: “Modificando il primo versetto del Libro della Genesi, il primo versetto dell’intera Sacra Scrittura, Giovanni ha iniziato il prologo del suo Vangelo con le parole: «In principio era il λόγος»… Giovanni con ciò ci ha donato la parola conclusiva sul concetto biblico di Dio, la parola in cui tutte le vie spesso faticose e tortuose della fede biblica raggiungono la loro meta, trovano la loro sintesi. In principio era il logos, e il logos è Dio, ci dice l’evangelista. L’incontro tra il messaggio biblico e il pensiero greco non era un semplice caso. La visione di san Paolo, davanti al quale si erano chiuse le vie dell’Asia e che, in sogno, vide un Macedone e sentì la sua supplica: «Passa in Macedonia e aiutaci!» (cfr At 16,6-10) – questa visione può essere interpretata come una «condensazione» della necessità intrinseca di un avvicinamento tra la fede biblica e l’interrogarsi greco… Partendo veramente dall’intima natura della fede cristiana e, al contempo, dalla natura del pensiero greco fuso ormai con la fede, Manuele II Paleologo (imperatore bizantino) poteva dire: Non agire «con il logos» è contrario alla natura di Dio. … Il Dio veramente divino è quel Dio che si è mostrato come logos e come logos ha agito e agisce pieno di amore in nostro favore. Certo, l’amore, come dice Paolo, «sorpassa» la conoscenza ed è per questo capace di percepire più del semplice pensiero (cfr Ef 3,19), tuttavia esso rimane l’amore del Dio-Logos, per cui il culto cristiano è, come dice ancora Paolo «λογικη λατρεία» – un culto che concorda con il Verbo eterno e con la nostra ragione (cfr Rm 12,1)” (Benedetto XVI, Discorso all’università di Ratisbona, 12 settembre 2006).

Continua a leggere l’articolo di Giuliano Romoli su La Libertà del 24 ottobre

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