IN PRINCIPIO LA PAROLA. Imparare a leggere e scrivere nell’epoca di internet

Il Discorso del Vescovo alla Città per san Prospero

La passione per la parola pensata, letta, scritta e pronunciata viene da lontano nella mia vita: mi ha accompagnato fin dall’infanzia e dalla giovinezza. Su questo dato biografico si è poi innestata un’urgenza più profonda. Le generazioni più giovani – ma questo fenomeno tocca anche gli adulti – manifestano una crescente difficoltà nei riguardi della lettura e della scrittura e, più in generale, della parola, del linguaggio, del pensiero astratto.

Il linguaggio e la parola sono strumento privilegiato del nostro rapporto con la realtà e con gli altri: la parola è relazione. La crisi del suo utilizzo può dunque tradursi in una crisi della relazione nella conoscenza e negli affetti, nell’educazione, nella comunicazione pubblica e sociale.
Ma la parola è anche la strada del rapporto con noi stessi e della comprensione di noi stessi. Le sfumature della lingua ci permettono di nominare e riconoscere le sfumature della nostra esperienza: di coglierla con consapevolezza, di approfondirla, di farla veramente nostra.
Quando riusciamo a pensare e dire qualcosa, è come se ce ne riappropriassimo più in profondità.

La comunicazione è conoscenza: conosciamo mentre comunichiamo. Per questo parliamo con noi stessi per chiarirci le idee (in inglese pensare tra sé e sé si dice “dico a me stesso”, I say to myself). Il legame tra parola e comunicazione, la relazione e la conoscenza è così forte che la filosofia medievale indicava i rapporti tra le Persone divine come amicizia o comunicazione. La fatica della parola (pensata, scritta, pronunciata) tocca quindi ogni aspetto della nostra vita. Un rapporto impoverito con le parole corrisponde a un rapporto impoverito con la realtà.

In questo quadro non si può ignorare la presenza delle nuove tecnologie e degli inediti codici comunicativi ed espressivi di cui sono portatrici, con le opportunità e le criticità che ne derivano. Il loro uso massivo e capillarmente diffuso introduce nelle pratiche di vita e nella mentalità corrente nuovi rapporti con la parola e con l’immagine.

Le trasformazioni e le crisi che la società sta attraversando a più livelli sono riconducibili a un cambiamento radicale nel rapporto tra l’uomo e la realtà, che passa anche attraverso il ruolo attribuito alla cultura e, prima ancora, alla parola scritta, letta, detta. Quale peso ha quest’ultima nel rapporto della persona con sé, con gli altri e con il mondo? Proprio perché la comunicazione è relazione e conoscenza, il cambiamento del modo di comunicare cambia anche il modo di conoscere e relazionarsi.

Queste riflessioni si sono fatte più pressanti durante il periodo di confinamento dovuto all’emergenza sanitaria, che ha visto numerosi ambiti della nostra vita “trasferirsi” online. Tra questi penso in modo particolare alla scuola, con l’introduzione della prassi della didattica a distanza e con la ridefinizione del tipo di proposta offerta agli alunni. Nessuno può prevedere oggi quale sarà, nel futuro immediato, l’impatto della tecnologia sull’insegnamento; né quale sarà la capacità dei docenti di maturare connessioni – anche dialettiche – tra la didattica in presenza e quella a distanza, o quale sarà la risposta dei ragazzi. Non intendo ovviamente demonizzare l’introduzione degli strumenti informatici nei processi di insegnamento e apprendimento. Essi non rappresentano solo un problema, ma una grande opportunità. Tuttavia, non sono in grado di generare automaticamente novità “buone”. Il loro utilizzo deve essere accompagnato e modulato dentro un cammino che non può prescindere dall’educazione del pensiero e della parola, della lettura e della scrittura.

Il testo del Discorso alla Città è pubblicato integralmente su La Libertà del 25 novembre, già in edicola da martedì 24 

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