Occasione persa?

Dopo le sentenze del giudice sportivo che hanno confermato la sconfitta a tavolino per 3 a 0 del Napoli contro la Juventus e della Reggiana contro la Salernitana mi sono chiesto più volte se il calcio ha perso un’occasione per dare un segnale di buon senso e di speranza.

Se consideriamo il periodo di caos più totale che stiamo attraversando per questa maledetta pandemia, ci accorgiamo che il carrozzone del calcio professionistico è una delle poche cose che non ha smesso di girare.

E se da un lato è un bene perchè una partita può sempre regalare ristoro e svago a persone costrette in casa, dall’altro ci si chiede sempre più spesso perchè al calcio è stata data al possibilità di continuare, mentre tante attività hanno dovuto chiudere. 

Il vero problema, come spesso capita ai mister dei settori giovanili, è dover spiegare certe decisioni ai più piccoli, ai quali insegni sempre principi e valori come la lealtà, la sportività, l’altruismo e il rispetto. Tutto il nostro lavoro si basa su questi capisaldi: la gioia di giocare una partita, sfidando un avversario e vincere perchè siamo i più bravi.

In almeno un paio di occasioni mi è capitato di poter vincere una partita a tavolino, ma in entrambi i casi, anche grazie alla lungimiranza dei dirigenti con cui lavoro, abbiamo rinunciato a questo diritto e deciso di rimandare la partita, spiegando ai ragazzi che vincere così non era nè bello nè giusto.

Certamente non è possibile spiegare a dei bimbi che il calcio professionistico si basa su logiche economiche, che la serie A da sola vale un terzo del Pil italiano e dunque non può ammettere gesti di cavalleria d’altri tempi: non capirebbero e sinceramente non me la sentirei di infrangere quei rimasugli di sogni che almeno i più piccolini nutrono ancora, in attesa che la playstation dia il colpo finale.

Se a fini di regolamento è giusto imporre la sconfitta a tavolino, mi chiedo invece se non si poteva dare un segnale di discontinuità e onestà: rimandare la partita e affrontarsi in un tenzone di 90 minuti da giocarsi alla pari con rispetto e lealtà e come si suol dire, che vinca il migliore (anche se il calcio è forse l’unica disciplina in cui non sempre sono i migliori a vincere, ma anche questo fa parte della magia di questo sport).

Sarebbe stato bello se Agnelli e Lotito, presidenti di Juve e Salernitana, avessero rinunciato alle loro vittorie, aspettando la sfida sul campo. Sarebbe stato un gesto di distensione e fraternità, soprattutto nel momento storico che sta attraversando la nostra società. Giorno dopo giorno questa pandemia ci isola e ci allontana sempre di più: tra la paura del contagio (col vicino di casa che potrebbe essere un untore), la crisi economica che si fa sentire e l’incertezza del futuro siamo sempre più concentrati su noi stessi che su chi ci sta accanto.

Se i grandi non riescono a lanciare un segnale, fortunatamente possiamo ancora confidare nei piccoli che in questo calcio pandemico non si sono persi d’animo e adattandosi agli allenamenti individuali continuano a venire al campo a divertirsi dimenticandosi per qualche ora dell’incubo Covid. E direi che è una grande fortuna poter continuare a fare allenamento con la propria squadra e in tutta sicurezza, non solo perchè fa bene al fisico ma anche per sfogare la mente tra giocate e risate. Spesso dimentichiamo che i bimbi sono spugne e anche loro assorbono tutto lo stress che il coronavirus ha comportato. Anche per questo motivo l’attività sportiva è importante: è una valvola di sfogo per chi, come i più piccoli, si sono visti catapultati in una situazione così caotica e drammatica. Ed è doveroso che la loro unica unica preoccupazione sia voler emulare i gesti dei più grandi campioni.

E un giorno, nel calcio che vorrei, mi piacerebbe che i grandi campioni provassero ogni tanto a “ribellarsi” alle logiche di sponsor e di mercato, ragionando non solo col talento dei loro piedi ma cogliendo anche l’occasione per dimostrare di essere grandi uomini.

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