Nei giardini di Adone

Deve il filosofo scrivere oppure no?

I “giardini di Adone” erano vasi in cui si facevano crescere piante a rapida fioritura per la festa del giovane amato da Afrodite. Adone era stato ucciso da un cinghiale istigato da Marte (ma forse il cinghiale era Marte…), l’amante “storico” della dea. Dal pianto della dea era nato il fiore dell’anemone. Socrate adopera i giardini di Adone come metafora della scrittura filosofica. Poiché la filo-sofia è, per definizione, una ricerca “aperta”, una ricerca incessante e inquieta, senza fine, nessun testo scritto può essere un punto fermo, un punto d’arrivo. La scrittura filosofica quindi non è che un gioco e chi si fermasse nella contemplazione dei propri risultati non sarebbe un filosofo ma, al più, un “professore” o un erudito. Però attenzione: perché, se la scrittura filosofica è un gioco, questo gioco, se praticato, deve essere preso seriamente: ogni improvvisazione, superficialità e sciatteria è improponibile; se si scrive, bisogna scrivere bene.

Leggi tutto l’articolo di A. Casalboni, G.L. Malatrasi, E. Moietta, A. Petrucci, A. Ramploud su La Libertà del 28 ottobre 2020

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