Cosa resta del terzomondismo?

Pubblichiamo la prima parte di un contributo di Daniele Semprini sul tema del “terzomondismo”. La seconda parte sarà pubblicata nel prossimo numero de La Libertà, in uscita mercoledì 9 settembre.

Il terzomondismo ha rappresentato, dall’inizio degli anni ’50 fino alla fine degli anni ’80, una delle correnti ideologiche più forti e diffuse nell’opinione pubblica occidentale ed anche mondiale. In che cosa consisteva? Nella convinzione che la miseria e il sottosviluppo dei paesi extraeuropei fosse il frutto amaro dello sfruttamento che per secoli, attraverso colonialismo e neocolonialismo, l’Occidente e l’Europa in particolare hanno perpetuato a danno di tali paesi. È evidente che nei decenni successivi e ai nostri giorni le idee in proposito sono mutate, per i grandi cambiamenti politici ed economici che, nel frattempo, sono avvenuti.

Dopo un breve excursus storico sul problema vorrei, prendendo spunto dal saggio di Pascal Bruckner “La tirannia della penitenza” (Guanda, 2006), mettere in chiaro quali sono gli elementi di questa ideologia che restano ancora in circolo nella cultura europea e, in particolare, nei manuali di storia in uso nelle scuole italiane.

Leggi il testo integrale del saggio di Daniele Semprini su La Libertà del 2 settembre 2020

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