Giorni lontani

Di giorni lontani possiamo parlare perché vi è una traccia imprecisa, ma persistente, nella nostra memoria e perché, come da un’archeologia personale, talora rivediamo monumenti reali del passato che ce lo riportano al presente. Non andavo ancora alle scuole elementari, ma frequentavo, e lo feci per tre anni, l’asilo infantile di San Vincenzo, qui a Reggio. Alla fine del terzo anno passai per un mese alle Suore del Cenacolo Francescano che mi portarono al mare, per la prima volta, a Marina di Massa. Fu anche la mia prima esperienza in treno – le gallerie! – e di fronte al mare, cose che non si dimenticano. Invece la vita in colonia estiva era così simile a quella dell’asilo – anche il sonno notturno che non differisce tanto da quello pomeridiano – che il ricordo del tutto diviene nebbioso e non precisabile. Consideriamo però, ora, che cosa significasse, allora, poter affidare a qualcuno, su cui si potesse fare assoluto conto, i propri piccoli. I figli degli operai della grande industria, dell’artigianato, dei bottegai (come me), degli impiegati della nostra onnipresente burocrazia, potevano, perlomeno dal punto di vista strettamente fisico, godere del viaggio d’andata e ritorno e della permanenza al mare: acqua, sabbia, sole, vento, tanti compagni di gioco.

Continua a leggere l’articolo di Giorgio Ferrari nella pagina dei Lettori su La Libertà del 26 agosto 2020

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