Entrare nel mondo dello Spirito

L’omelia del vescovo Massimo nella solennità della Pentecoste

Pubblichiamo il testo (non rivisto dall’autore) dell’omelia pronunciata dal vescovo Massimo nella santa Messa mattutina di domenica 31 maggio, solennità di Pentecoste, in Cattedrale.

Cari fratelli e sorelle,
la realtà dello Spirito Santo è come un immenso oceano. Noi fatichiamo ad entrare in questo oceano e corriamo sempre il rischio di accostarci soltanto all’ultima onda verso la spiaggia. Occorre sostare per comprendere e per entrare nel dono dello Spirito. Proviamo a tracciarne almeno qualche piccolo disegno. Proviamo ad assaporarne qualche modesto assaggio.

Lo Spirito è un principio personale e comunitario. Dal secondo capitolo degli Atti degli Apostoli abbiamo ascoltato la discesa ultima e definitiva dello Spirito (At 2,1-11), la quale, come intuiamo anche dal racconto del Vangelo (Gv 20,19-23), è stata preceduta da tante effusioni dello Spirito. Non solo durante la vita di Gesù, ma anche nell’antica storia di Israele. Fin dal momento della creazione lo Spirito aleggiava sulle acque (cf. Gen 1,2). E poi, successivamente, sempre ogni nuova tappa è stata marcata da un dono particolare dello Spirito, da un’unzione spirituale. Lo Spirito di Dio consacrava e trasformava dall’interno le persone dei giudici, dei re, dei profeti, dei sacerdoti, perché il compito dello Spirito è proprio questo: creare e salvare l’unità del popolo. Tale unità viene realizzata dallo Spirito custodendo e salvando la pluriformità: questo è il suo compito specifico.

Leggi il testo integrale dell’omelia su La Libertà del 10 giugno 2020



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