Fase due: l’80% delle aziende è ripartito durante il lockdown

Allarme Fim Cisl: “Eppure il 1° maggio vogliamo celebrare la sicurezza”

La Fase 2 nelle imprese metalmeccaniche Reggio Emilia e Modena era di fatto già avviata da tempo. Le cifre in questo momento sono tuttavia impressionanti. Nelle aziende dell’Emilia Romagna, che occupano oltre 220.000 persone, è stato richiesto un massiccio utilizzo degli ammortizzatori sociali; infatti oltre 115.000 lavoratori sono stati o sono interessati da integrazione salariale. 23.000 a Reggio, circa 31.000 a Modena. È una cifra enorme, senza precedenti.
Sono circa l’80% delle 1.300 aziende Reggiane (17.200 in Regione) che sono già ripartite prima del lockdown: le richieste e le autocertificazioni al Prefetto sono state numerosissime. Molte aziende che non hanno mai chiuso. Solo poche grandi aziende, tra cui alcune legate alla produzione di macchine agricole (Argo Tractors) o elettrodomestici (come Smeg e Bertazzoni) hanno scelto questi giorni per la ripartenza.

Di fatto per molti lavoratori al 4 maggio saremo già alla seconda o terza settimana di lavoro dopo l’emergenza: su questo punto, noi della Fim Cisl, siamo molto critici. Nonostante svariate segnalazioni alle Prefetture da parte del tavolo di lavoro tra Cgil-Cisl-Uil e Prefetto, non abbiamo avuto riscontri accettabili. Vi sono aziende che lavorano senza protocolli sanitari condivisi, vi sono aziende poco rigorose nell’applicazione dei decreti ministeriali ed aziende che continuano a lavorare senza alcuna specifica precauzione.
Il Primo Maggio è dedicato quest’anno a salute e sicurezza sul lavoro, ed accanto ad aziende puntuali, precise, rigorose e socialmente responsabili, ne abbiamo altre dove sarebbe necessario un intervento ispettivo immediato.
Nelle aziende sono indispensabili i comitati anti-covid indicati dal decreto ed è consigliabile che questi comitati siano “paritari”. Dalla collaborazione tra lavoratori ed aziende, in tempo di pandemia, non si può prescindere.

Insieme occorre definire come tutelare i lavoratori fragili, trovare soluzioni aziendali per la conciliazione tempi di vita e tempi di lavoro, garantire le tutele genitoriali a fronte di scuole chiuse, riprogettare insieme uffici e stabilimenti produttivi, proseguendo con lo smart working e modificando postazioni e cadenze di lavoro.
In molte aziende lo stiamo facendo, ma dove il sindacato non è presente, purtroppo accade di tutto.
I comitati aziendali anti-covid svolgono una funzione determinante nella stesura dei protocolli. Un buon protocollo dovrebbe essere completo, non lasciare nulla al caso.

Deve occuparsi di distanziamento sociale, negli spogliatoi, nelle accettazioni merci, nelle reception, negli uffici, nelle mense e in generale nelle aree comuni. Deve occuparsi di modificare strutturalmente le postazioni dove si lavora troppo vicini e non solo di ridurre il rischio utilizzando i dispositivi di protezione individuale. Deve prevedere accessi scaglionati al lavoro, modificare orari di lavoro, abbassare le cadenze, con assoluta attenzione per i lavoratori a ritmo vincolato.

Deve indicare frequenza e modalità di pulizie e sanificazioni. Deve poter prevedere uno screening costante sulle condizioni di salute della popolazione aziendale. Lo stato di salute fisico e psicologico dei metalmeccanici che, oltre a lavorare, devono convivere con il virus nella fase 2, è impegnativo.
Dopo il protocollo Ferrari, perseguito con caparbietà e sostenuto con forza dalla Fim Cisl Emilia Centrale, sono divenuti di attualità anche i test sanitari aziendali. È in corso un dibattito su come verificare e controllare i contagi in azienda. I test sierologici, quando sono accurati, fatti in sicurezza e gestiti assieme ad Asl e Regione, rappresentano uno strumento importante, vanno sostenuti ed incentivati.
La salute e sicurezza di lavoratrici e lavoratori, la prevenzione ed il controllo dei contagi sono il primo impegno nella Fase 2.
Non accetteremo sconti sui protocolli o facili scorciatoie organizzative per produrre forsennatamente.
Limitatamente alle piccole aziende, ci giungono segnalazioni inquietanti sullo stato di sottovalutazione del problema Covid da parte di alcune aziende artigiane e dei loro titolari. Riteniamo che qui serva una presa di coscienza e patto fiduciario. Il sindacato deve poter aiutare nella messa a punto di protocolli condivisi anche nelle micro aziende, anche laddove i titolari ci guardavano con diffidenza o sospetto. Deve prevalere l’interesse generale e la responsabilità sociale delle imprese.

In queste settimane abbiamo ricevuto migliaia di chiamate, da lavoratrici e lavoratori. Rispondiamo a chi ha bisogno di capire cosa chiedere nel protocollo sanitario, per chi non riceve i soldi della cassa integrazione, per chi non riesce ad attivare l’anticipo bancario, per chi non sa se la mascherina fornita in azienda sia quella corretta, per chi ha problemi di salute, per chi ha paura, per chi vorrebbe fare i test sierologici. Il nostro impegno è massimo, ogni singolo giorno, perché stiamo attraversando una fase complicatissima e nuova e mai come ora, dopo 70 anni di impegno, la Fim forte e determinata.

Giorgio Uriti, segretario generale Fim Cisl Emilia Centrale

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