Il coronavirus ci ricorda la nostra fragilità

Sembra di essere tornati indietro di secoli. L’epidemia di coronavirus partita dalla città di Wuhan in Cina e poi diffusasi ormai in molte altre parti del mondo, specie le zone più limitrofe, evoca nell’immaginario collettivo quelle che potevano essere le grandi epidemie dei secoli passati, una fra tutte la pestilenza descritta così bene da Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi. Ora come allora il contagio sembra attecchire in maniera esponenziale e, nonostante le assicurazioni delle autorità sanitarie, non sono pochi i casi mortali, anche se prevalentemente tra le persone più anziane e più deboli.
Ora come allora al momento, pur essendo la medicina moderna dotata di un armamentario diagnostico e terapeutico di una potenza veramente notevole, il rimedio non c’è, non c’è una cura specifica, ancora non è stato trovato un vaccino. L’umanità si scopre ancora una volta debole, quasi impotente, di fronte a questa epidemia.

Leggi tutto l’articolo di Giuseppe Chesi su La Libertà del 26 febbraio

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