Album di famiglia contadina. Quando si macellava il suino

Fino a qualche tempo fa la macellazione del suino, insieme alla trebbiatura, era per la famiglia contadina uno dei momenti più importanti dell’anno, sia per l’avvenimento di per sé singolare rispetto al normale lavoro nei campi, sia perché i prodotti ricavati dal maiale le assicuravano il “companatico” per l’intera annata, così come il grano le garantiva il pane. Era questo un appuntamento irrinunciabile per tutte le famiglie contadine che, non avendo la disponibilità economica per acquistare durante l’arco dell’anno carni di altro genere, aveva una valida opportunità per procurarsene in gran quantità insieme a succosi condimenti.
Il periodo migliore per mettere in atto questo atteso rito era costituito dai mesi invernali, quando la temperatura rigida consentiva una migliore lavorazione delle carni, ne garantiva una buona conservazione ed assicurava una più regolare salatura delle parti da stagionare: prosciutti, spalle, coppe, pancette, eccetera.

Era così che ad iniziare dai primi giorni di dicembre e per tutto il mese di febbraio, esclusi i giorni di festa, di sorpresa arrivava al “masein”, chiamato dal capo famiglia sia per l’operazione di macellazione che di confezionamento dei prodotti derivanti dal suino. Quest’ultimo normalmente veniva allevato in un piccolo ambiente presso il basso servizio della casa colonica e spesso alimentato con i rifiuti della cucina con integrazione di erba e ghiande.
Era compito di noi ragazzi in età scolare portare i maiali a pascolare sotto sera nel campo dietro casa, dove c’erano piante da frutto, ma soprattutto c’era sempre una quercia.
Si iniziava con i primi giorni di ottobre, quando le ghiande cominciavano a cadere in gran numero, favorendo una rapida crescita dei giovani suini che ne andavo ghiotti.

Leggi il resto dell’articolo di Giuliano Lusetti su La Libertà del 12 febbraio

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