A Schio da santa Bakita, la donna che da schiava è diventata suora canossiana

Nel centro di Schio, in provincia di Vicenza, si trova la chiesa della Sacra Famiglia, il santuario dedicato a santa Giuseppina Bakhita. Il convento adiacente è il luogo dove la santa sudanese ha vissuto gli ultimi vent’anni della sua vita ed è tuttora gestito dalle suore canossiane, ordine di appartenenza di suor Bakhita.

Suor Giuseppina nasce nel 1869 in un villaggio del Darfur, zona occidentale del Sudan. Questo nome, che significa “fortunata”, non lo ricevette dai suoi genitori alla nascita, ma le fu imposto dai suoi rapitori.
Questo fiore africano conosceva le umiliazioni e le sofferenze fisiche e morali della schiavitù essendo stata venduta e acquistata più volte (cinque in tutto). La terribile esperienza e lo spavento, provato nel giorno della cattura, provocò profondi danni nella sua memoria, incluso l’oblio del suo nome.
Nella capitale del Sudan, Bakhita fu finalmente comprata da un console italiano che poi la portò in Italia con sé.
Durante il viaggio, la consegnò alla famiglia di un amico che viveva a Venezia e la cui moglie si era affezionata a lei. Poi, con la nascita della loro figlia, Bakhita divenne la sua balia e amica. Gli affari di questa famiglia in Africa la costrinsero a tornare lì. Ma, consigliata dall’amministratore, la coppia affidò bimba e balia alle sorelle della congregazione di Santa Maddalena di Canossa, a Schio. Qui Bakhita conobbe il Vangelo. Era il 1890: aveva ventuno anni quando fu battezzata col nome di Giuseppina.
Dopo un po’, quando vennero a prenderla, Bakhita scelse di rimanere.

Leggi il resto dell’articolo su La Libertà del 5 febbraio

 

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