47 anni di Isola Rossa

Parla Giorgio Predieri, il cuore sempre ad «Ampa»

Giorgio Predieri, nato a Cavriago, perito tecnico, è rientrato in famiglia dal Madagascar, diocesi di Fianaratsoa, per un periodo di alcuni mesi. Ci incontra per raccontarci qualcosa dell’ospedale di Ampasimanjeva che lui considera “la sua casa”: lì lavora quotidianamente, affiancando il personale, in diverse mansioni. Già dalle sue prime parole intuiamo la mite saggezza di un uomo che nel tempo ha affrontato tante difficoltà e si è trovato, soprattutto agli inizi della sua esperienza, immerso in una realtà veramente lontanissima dalla nostra.
Giorgio arriva al nostro appuntamento con leggero ritardo causa un incidente sulla provinciale e si stupisce degli automobilisti che, insofferenti alla coda creatasi, decidono per una repentina inversione a U, o si infilano in stradine secondarie per sfuggire a quel contrattempo. “In Madagascar si aspetta. La dimensione del tempo fa riflettere”. Il suo pensiero corre subito ai pazienti in attesa fuori dall’ospedale di Ampasimanjeva. “Seduti a terra, in fila per ore, anche per un giorno, aspettano di essere ricevuti dai medici e visitati. Sono tante le donne e le mamme coi figli che affrontano lunghi tragitti a piedi nudi per affidarsi alle mani esperte dei 5 medici operativi ad Ampa. Il dottor Martin e la dottoressa Ortensia coordinano la struttura, affiancati da 15 infermieri, 5 o 6 stager (stagisti ) che stanno frequentando la scuola infermieristica in capitale, ad Antananarivo; durante il loro triennio di preparazione vengono inviati a gruppi nelle strutture ospedaliere dell’isola per l’apprendistato. Invece i medici effettuano il loro tirocinio in capitale o in ospedali più importanti del nostro”.

Predieri, come si muovono questi giovani all’interno dell’ospedale?
I ragazzi e le ragazze sono molto motivati; seguono le attività anche durante la notte e si offrono per effettuare turni di guardia. C’è un grande desiderio di aiutare, di conseguire un diploma per scendere in campo presto.

Leggi tutto l’articolo a cura del Centro Missionario Diocesano su La Libertà del 29 gennaio

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