Dall’attesa della Parusia al mito della società perfetta

È noto che i primi cristiani vivevano nell’attesa di un imminente ritorno di Cristo; già la seconda generazione si rese conto che di tale ritorno nessuno poteva prevedere né il giorno né l’ora, come aveva ammonito lo stesso Gesù prima della Pentecoste, e tutto l’impegno si concentrò nella diffusione del Vangelo fino agli estremi confini del mondo.
Tutta l’età medievale successiva si caratterizzò per questa opera missionaria accompagnata, d’altra parte, dal tentativo di dare un volto sempre più stabile alla Chiesa, che si concepì sempre più come la forma immanente più vicina a quella Gerusalemme Celeste che l’Apocalisse di san Giovanni aveva annunciato come compimento del Regno dei Cieli. In diversi modi le sette ereticali avevano cercato di impadronirsi dell’attesa escatologica, ma furono sempre sconfessate e combattute dall’autorità ecclesiastica.

Come ha chiarito recentemente la medievalista Chiara Frugoni anche l’anno mille non rappresentò per gli uomini di quel tempo l’inizio di una palingenesi imminente, come erroneamente venne affermato da generazioni successive di storici fino ai nostri giorni.
In altri termini il Regno dei Cieli per tutto il Medioevo restò, almeno nella considerazione dell’autorità ufficiale della Chiesa, un fine oltremondano e la salvezza, l’entrare a farne parte dopo la morte, era assicurata solo dalla partecipazione alla vita della Chiesa terrestre. Anche la suggestiva dottrina di Gioacchino da Fiore di un inizio imminente dell’“età dello Spirito”(dopo quella del Padre e quella del Figlio) che avrebbe potuto far coincidere il Regno dei Cieli con la comunità spirituale dei puri, non attecchirà a livello ufficiale, pur avendo nel futuro dell’Europa un influsso enorme.

Leggi tutto l’articolo di Daniele Semprini su La Libertà del 22 gennaio

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