Accettazione totale

Quel giorno che mi recai in parrocchia per parlare con don Stefano avevo 17 anni. Dentro di me provavo un profondo senso di angoscia e anche vergogna: stavo attraversando una profonda crisi di fede. Direte, perché dovresti provare vergogna per una crisi di fede? Sono cresciuto in una splendida famiglia, molto credente, in cui i miei genitori ci hanno sempre dato una profonda testimonianza di fede. Tenete conto che fino a quel momento la fede per me era sempre stata una cosa assolutamente scontata, sicura, mai messa in discussione. Non avevo mai messo in discussione le mie convinzioni, quando a scuola, probabilmente in quarta superiore, iniziammo a leggere alcuni autori che mi colpirono moltissimo, ma che avevano idee profondamente diverse dalla mia: Ugo Foscolo e soprattutto Giacomo Leopardi: L’infinito, le Operette Morali, il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia… Forse per la prima volta in modo profondo mi dissi: ciò che scrivono queste persone è profondo, è toccante, è bello… sono persone intelligenti, sensibili, profonde… e se avessero ragione loro?

E così iniziò dentro di me un dialogo interiore molto serrato ed intenso, che mi mise profondamente in crisi. E mi fece anche sentire in colpa. Avevo il desiderio di parlarne con qualcuno e così andai in parrocchia per parlarne con don Stefano. Stava per uscire, e così mi disse: “Sto andando a recitare il rosario per un defunto, ma se vuoi accompagnarmi, ne parliamo mentre andiamo”. E così andai insieme a lui, e iniziai dicendo a don Stefano che la cosa che stavo per dirgli era una cosa di cui mi vergognavo molto. Ora lasciate stare per un attimo il motivo per cui io ero in crisi in quel momento. Provate a pensare ad un qualcosa di cui voi non avete mai parlato a nessuno, qualcosa che vi spaventa; un pensiero, un’azione, un desiderio; qualcosa per cui vi vergognate e che avreste molta difficoltà a raccontare a qualcuno. Pensato? Ok.

Come vi dicevo, durante il viaggio dissi a don Stefano che volevo dirgli dei pensieri che mi turbavano e di cui mi vergognavo. Don Stefano mi interruppe, e non dimenticherò mai ciò che mi disse in quel momento: “Giovanni, potresti anche dirmi che vuoi uccidere tua madre, e questo non mi scandalizzerebbe, perché è comunque una cosa che fa parte di te”. Quella frase mi colpì profondamente, anche se in realtà probabilmente in quel momento non capii bene che cosa intendesse, ma era un’immagine talmente forte che mi colpì molto, e immediatamente mi rasserenò nel profondo. Oggi mi sembra di avere gli strumenti concettuali per comprendere e riesprimere con chiarezza ciò che intendeva don Stefano: “Soltanto quando mi sento pienamente e totalmente accettato dall’altro, sento di avere la possibilità di accettarmi a mia volta, di non rimanere bloccato in ciò che sto vivendo e pensando, e di evolvere in qualche modo come persona”. Com’è poi finito quel dialogo e quella crisi di fede credo che non ci sia bisogno di spiegarlo :-) Ciò che mi faceva piacere raccontarvi è che poche volte nella vita ho provato un’accettazione così piena, totale, incondizionata; e sicuramente l’ho provata molte altre volte nel sentirmi profondamente amato da Dio in modo totale ed incondizionato. Ecco perché credo che il Sorriso di Dio su di noi sia una delle cose più belle che possiamo sperimentare, e una cosa di cui dobbiamo farci portatori, amando, accettando e sorridendo agli altri nello stesso modo in cui Dio ci ama, ci accetta e ci sorride.

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