Se la presenza delle unità pastorali appare ancora non del tutto incisiva nel vissuto dei cristiani, non sta solo nel fatto che si è appena agli inizi della loro formazione, che la loro forma ancora non è del tutto ben delineata, che non permette di scorgere il segno visibile della Chiesa di Gesù come si vorrebbe, ma forse sta anche nel fatto che essa è percepita solo come frutto di una elaborazione “clericale”. Resta nel nebuloso l’apporto, il contributo, la collaborazione dei membri delle comunità. Si sono fatti passi in avanti ma non sempre insieme e gradualmente. Forse ci si è dimenticati che non è sufficiente che il comandante della nave indichi la rotta da perseguire nel mare aperto, occorre che anche i marinai svolgono con precisione il proprio ruolo, i rematori abbiano a muoversi in sintonia, diversamente o si perde di vista la rotta o si fa naufragio.
Non è sufficiente essere esecutori, mettere i piedi dove altri hanno già impresso le proprie impronte, percorrere un cammino tracciato altrove, occorre una maggior consapevolezza di essere “popolo di Dio”: espressione molto presente nella Bibbia per riferirsi prima al popolo di Israele (cfr Esodo 19-24), poi alla comunità dei discepoli di Gesù (cfr 1 Pietro 2,10), ed è stata recuperata e ritornata alla ribalta specialmente nel Concilio Vaticano II, anzi lo stesso Concilio l’ha fatta propria e usata per riferirsi alla Chiesa di Cristo.
La costituzione conciliare Lumen gentium così si esprime: “In ogni tempo e in ogni nazione è accetto a Dio chiunque lo teme e opera la sua giustizia. Tuttavia piacque a Dio di santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro «un popolo», che lo riconoscesse nella verità e santamente lo servisse (…)” (capitolo II). Quindi non una folla qualsiasi, ma un popolo: quella sta più sul generico, sull’anonimato, sull’agglomerato senza alcuna specificazione; nella folla, pur essendo vicini fisicamente, l’uno si sente estraneo all’altro; questo invece dice una propria identità; lo ricordano più volte i profeti annunciando la Parola di Dio (Geremia 7,23-28, Ezechiele 36,8 ecc.): “Ascoltate la mia voce e voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio”. È il legame di appartenenza reciproca a Dio e ai discepoli che rende questi “suo popolo”.
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