L’ultimo Natale di Rolando

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Il diorama è esposto alla Mostra dei Presepi in Battistero

“L’ultimo Natale di Rolando” è il titolo di uno dei diorami esposti alla Mostra dei presepi, aperta dal 24 novembre 2019 al 6 gennaio 2020, presso il Battistero del Duomo di Reggio Emilia. La scena (nella foto un particolare) è ambientata nel dicembre del 1944, anno in cui si fece più intensa la preghiera per il ritorno alla pace e alla libertà nella nostra terra, sempre più martoriata da distruzioni, lutti, violenze, uccisioni, nell’epilogo della seconda guerra mondiale.

Protagonista del diorama, opera del maestro di presepi Pellegrino De Risi, con statuine dell’artista siciliano Vincenzo Velardita, è il giovane seminarista Rolando Rivi che, in ginocchio, prega sui gradini di casa, indossando, come sempre faceva, la veste talare. Nel suo cuore e nelle sue preghiere vi era certamente il desiderio della pace.

La guerra aveva segnato profondamente anche la sua famiglia, con la morte di due zii, uno in Africa e uno sul fronte russo. L’occupazione nazista aveva determinato la chiusura del suo seminario. Solo con il ritorno alla libertà avrebbe potuto riprendere il cammino per diventare sacerdote e missionario, secondo la vocazione che lo aveva affascinato.

Nato nel 1931 a San Valentino (Castellarano RE) nella casa del Poggiolo, la casa dove è ambientato il diorama, Rolando era un bambino vivacissimo, allegro, intelligente, instancabile nelle birichinate. Alla fine della scuola elementare decise di diventare sacerdote. Una vocazione maturata guardando al suo parroco, don Olinto Marzocchini, uomo di fede ardente, di spiritualità profonda, di carità operosa. Da grande gli sarebbe piaciuto essere come lui.

Così, a 11 anni, nel 1942, mentre l’Italia era già in guerra, Rolando entrò nel seminario di Marola e vestì per la prima volta l’abito talare, che non lasciò più sino al martirio. I suoi insegnanti lo ricordano come un ragazzo “innamoratissimo di Gesù”. Lui stesso esprimeva questo centro affettivo con quattro parole che spesso ripeteva: “Io sono di Gesù”.

Continua a leggere tutto l’articolo di Emilio Bonicelli su “La Libertà” del 20 novembre



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