CL a Reggio Emilia: tanti rami cresciuti da un solido tronco

“Ballano, pregano, fanno propaganda e vendono libri”: così recitava, nel novembre del 1970, il titolo dell’articolo della rivista Reggio Quindici che presentava i giovani di “One Way”.
E continuava: “Anche se non li conoscete personalmente tutti, potete andare a colpo sicuro: non tanto perché portano generalmente barbe, baffi, giacche a vento, che non sono certo, oggi, un distintivo ma una divisa, ma perché hanno in volto un’inconfondibile espressione che sta tra l’ilarità, il candore e la frenesia attivistica… Se, passando per piazza San Prospero o per qualche viuzza del centro, vedete frotte di ragazze e ragazzi ballare in circolo al suono di una chitarra, non potete sbagliare: sono ‘One Way’. E sono sempre loro quelli che pregano o leggono salmi, seduti sul marciapiede vicino al cancello di una scuola”.

La brezza leggera partita da Milano, dove un certo don Giussani insegnava religione al liceo classico Giovanni Berchet, si trasforma, con gli inizi del 1960, in una folata che arriva un po’ in tutta Italia. E Reggio non fa eccezione. A portare in città quest’aria nuova è un giovane di una famiglia originaria di Casina, ma di nascita e formazione milanese, Giovanni Riva.
Con il matrimonio si trasferisce nella nostra città, dando vita a quel movimento che chiamerà “One Way”, nel senso letterale che c’è una sola strada, come ebbe a dire lui stesso: “Nel riconoscere che in Gesù sta la risposta alle nostre aspettative e bisogni”.

Come ogni vento che si trasforma in tempesta, anche questo porta scompiglio. Sono molti che, nell’ambito stesso della Chiesa cattolica, ne vogliono sfrondare i rami, ma l’albero è forte e resiste ad ogni scossone, anzi cresce e diventa più rigoglioso.
Anche per la comunità di Reggio è così, e per celebrare quello che Comunione e Liberazione è diventata in città, nelle giornate di sabato 29 e domenica 30 giugno è stata allestita, nei locali della parrocchia di San Francesco, una serie di manifestazioni che raccontano questa storia.

Leggi tutto l’articolo di Giuseppe Maria Codazzi su La Libertà del 10 luglio



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