Rwanda: la memoria a 25 anni dal genocidio

“In Europa a ogni guerra sono dedicati scaffali di libri, archivi zeppi di documenti, sale speciali nei musei. In Africa non esiste niente del genere. Per lunga e terribile che sia, qui la guerra sprofonda rapidamente nel dimenticatoio. Appena finita, le sue tracce spariscono: bisogna seppellire subito i morti, costruire nuove capanne al posto di quelle bruciate. Documenti? Non ce ne sono mai stati”.
Questa frase tratta dal libro “Ebano” del reporter polacco di origine bielorussa Ryszard Kapuściński non è tornata alla mente solo il 6 aprile 2019, 25° anniversario dell’inizio del genocidio in Ruanda. Quando si parla dell’Africa e di quanti fuggono da una terra sfruttata, violentata, derubata dai poteri dell’Occidente ci si chiede se la storia sia stata sepolta con i morti.

La sera del 6 aprile 1994 un razzo lanciato dalle colline di Kigali abbatteva l’aereo su cui viaggiavano il presidente del Ruanda e quello del Burundi. Non è ancora del tutto chiara la responsabilità dell’attentato mentre è documentata l’inadeguatezza dell’intervento internazionale per fermare il massacro. Come peraltro accadde nel 1995 per la strage di Srebrenica in Bosnia Erzegovina. L’attentato di Kigali fu la scintilla che provocò la tragedia: almeno 800.000 morti tra tutsi e hutu nell’arco di cento giorni. Due milioni di persone in fuga nella Repubblica democratica del Congo.

Leggi tutto l’articolo di Paolo Bustaffa su La Libertà del 17 aprile



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