Da 23 anni in cammino con le responsabili delle Case

Ho desiderato conoscere la realtà delle Case Amahoro in Rwanda e ho voluto viverci per lunghi periodi; oltre alla missione mi interessava capire perché, in questa terra, l’odio ha prevalso sulla ragione e ha generato l’uccidersi fra fratelli (genocidio, anno 1994). Dopo aver conosciuto i rwandesi ho capito come le persone in realtà siano animate da bontà e gratitudine e solo la sete di potere dei dirigenti del Paese generò la propaganda per fare dell’avversario politico un nemico da eliminare.

Nelle case di Mukarange, Kabarondo e Bare ho avuto la fortuna di conoscere le “responsabili”.
Oggi le ragazze, così le chiamiamo, sono nove e sono una testimonianza viva di un amore gratuito.
Vivono da ormai 23 anni a servizio dei poveri e degli ammalati della missione. Non hanno una congregazione, non hanno una garanzia per il futuro e per la vecchiaia, ma continuano a donarsi totalmente.
Ho cercato di imparare da loro questo stile, mi sono sforzato di guardare la realtà con occhi diversi, quasi di indossare occhiali speciali.

Ho voluto vedere oltre le apparenze, ho voluto abituarmi a vedere le persone in difficoltà cercando di fare il possibile per essere loro vicino. I bisogni delle persone che si incontrano sono tanti, a volte si è tentati di aiutare tutti, ma la missione mi ha insegnato a stare semplicemente accanto.
Ci sono ancora in Africa molte persone che a stento trovano ogni giorno di che mangiare. È un’ingiustizia che ti crea molti pensieri e stati d’animo contrastanti.

Leggi tutto l’articolo di Valentino Righi su La Libertà del 3 aprile



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