Quando il vescovo Gilberto visitò la Casa di Riposo

Caro Direttore,
ho letto con vero piacere quanto Giuseppe Adriano Rossi ha scritto sulla figura del nostro vescovo monsignor Baroni nel ventesimo anniversario della sua scomparsa, ricordando in particolare la sua “figura carismatica e l’intensa paternità spirituale ed affabilità alla parola di Dio”. è proprio sull’aspetto di questa paternità spirituale che vorrei soffermarmi per ricordare un episodio, di cui mi trovai ad essere testimone oculare. Eravamo verso la fine del 1966. Attraverso una comunicazione al Consiglio d’amministrazione della Casa di Riposo di Reggio Emilia, il cappellano cappuccino padre Marani informava che la mattina di Capodanno alle ore 6.00 il vescovo Baroni avrebbe celebrato la Messa nella chiesa dell’Istituto. Un gesto significativo (letto con gli occhi di oggi) per dare inizio al nuovo anno accanto ai bisognosi ed ammalati della città, ospitati nella Casa di Riposo di via Emilia all’Ospizio.

Ma i tempi erano diversi così come la particolare situazione politica. Il Consiglio riunito (maggioranza PCI/PSI) fece trasparire il proprio disinteresse all’evento suggerendo che se proprio necessitava una rappresentanza dell’Ente per ricevere il Vescovo, se la sbrigassero quelli “della minoranza”. Non afferravano, infatti, il nesso di una celebrazione religiosa all’alba del 1° gennaio, con i festeggiamenti che in tutto il mondo accompagnavano l’arrivo dell’anno nuovo. E così chi scrive si trovò quella mattina, insieme al direttore sanitario dottor Paolo Silingardi, al dottor Nando Cagliari direttore amministrativo ed all’economo ragionier Giorgio Bocchi, ad accogliere il Vescovo, in rappresentanza di quel Consiglio che l’aveva pressoché snobbato.

Puntualissimo, monsignor Gilberto arrivò, avvolto stretto stretto in quell’ampio, nero mantello (ci saremmo abituati a vederlo) che indossava nella stagione fredda quando attraversava, solo, il centro della città, per la visita ai malati dell’Ospedale o ai sacerdoti colà ricoverati. Poi la suggestiva celebrazione della Messa nella nuova Cappella dell’Istituto (oggi abbattuta), accompagnata dal canto delle suore e dal suono dell’armonio davanti al quale sedeva un’ospite non vedente. Al termine del rito una puntata in sala Consiglio dove le “Ancelle della Carità” avevano preparato con cura una calda cioccolata in tazza. Il Vescovo ringraziò con molta cordialità e simpatia, interessandosi della loro vita e delle mansioni svolte nell’Istituto.
Quasi un balsamo per le incomprensioni che allora, lungo le corsie, segnavano i rapporti tra il personale religioso e laico. Dopo questo significativo congedo iniziò il cammino lungo le infermerie. è facile capire come, dato l’orario, fosse in piena attività il servizio del cambio-letti e la pulizia degli allettati, in quelle camerate che mostravano i segni dell’impellente necessità di recupero e ristrutturazione.

Leggi tutto l’articolo di Pietro Ferri nella pagina dei Lettori su La Libertà del 27 marzo

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