Educazione, musica, arte…? L’esperienza religiosa c’entra

Il volume “Arte, religiosità, educazione. Esplorazioni e percorsi” di Michele Caputo e Giorgia Pinelli (Franco Angeli editore, Milano, 2018) si presenta con le caratteristiche di una relativa novità, per quanto la connessione/ intersezione fra i tre grandi nuclei tematici affrontati (arte, religiosità, educazione) sia da tempo nota e studiata.
In realtà, la novità di questa esplorazione comincia con la ridefinizione, operata dai curatori del volume, delle categorie di lettura da utilizzare: si parla infatti di espressione artistica come qualcosa di più ampio della produzione di un’opera d’arte, e per questo motivo nel volume si rintracciano riflessioni di specialisti che toccano la musica, il teatro, la danza, e perfino il disegno infantile. Espressione artistica, dunque, è un quid che solo talvolta si traduce nella produzione di un “oggetto” riconoscibile come “opera d’arte”, ma che in larga parte si esaurisce nei processi della sua peculiare espressività, come nel caso dell’attore di Grotowski di cui ci parla Marco De Marinis nel suo saggio, o della danza di cui parla Alba Naccari, o dell’ascesi dell’attore nel teatro giapponese del no, di cui ha scritto Matteo Casari. E in tutti questi casi la connessione fra l’espressione artistica e la religiosità appare abbastanza chiara.

La seconda categoria di lettura da ridefinire è quella di religiosità, qui concepita come nucleo interno e “vitale” di ogni adesione di fede, che si concretizza e materializza nelle diverse appartenenze religiose esplicite. Tale categoria mira a gettare nuova luce sull’esperienza religiosa. Nel suo saggio, ad esempio, Fabrizio Lollini esemplifica attraverso numerosi riferimenti all’arte sacra medioevale e rinascimentale come uno stesso oggetto artistico possa essere percepito in modo radicalmente diverso dalle differenti generazioni, formate in mutati orizzonti culturali, e mostra come ciò possa ridurre o amplificare lo spessore e la valenza educativa di tale oggetto.

La ineludibile connessione tra dimensione religiosa ed espressività artistica è esplorata a partire dalla musica. Nei loro saggi, in parallelo, mentre Cesarino Ruini ricostruisce storicamente l’uso della musica sacra nella formazione religiosa della tradizione cristiana, Chiara Sirk analizza il senso religioso nella popular music (Guccini, De André, Springsteen, Bob Dylan), individuando in questa produzione una matrice identificabile come una forma di religiosità.

Leggi tutto l’articolo su La Libertà del 20 marzo

 

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