Educazione chiama autenticità

All’Università il dialogo tra Luisa Leoni e Michele De Beni

Volti sorridenti, saluti cordiali e qualche occhio lucido, al termine del convegno per insegnanti e genitori dal titolo “E Tu chi sei? Vivere la relazione per crescere insieme”, promosso da Movimento Umanità Nuova, associazione Diesse (Didattica e Innovazione Scolastica) e Rinnovamento nello Spirito Santo nel pomeriggio di venerdì 1 marzo all’Università di Reggio.
Alla soddisfazione per la risposta dei partecipanti – i cento posti dell’aula A-D2.8, al secondo piano di Palazzo Dossetti, sono stati appena sufficienti – si è aggiunta la piacevole sensazione, negli organizzatori, di avere dato vita a qualcosa di nuovo, a una “sinodalità” che come primo atto ha puntato sul tema dei temi, la questione educativa. In un solco, peraltro, pienamente diocesano, giacché è la stessa sfida a cui il vescovo Massimo, appena tre mesi e mezzo fa, ha dedicato la sua omelia nella solennità di San Prospero.

Quanto agli occhi lucidi, sono stati provocati dal coinvolgimento suscitato dai relatori, che non si sono limitati a una trattazione teorica ma hanno attinto alla lunga esperienza personale e professionale, trasmettendo innanzitutto la loro passione educativa. Così è stato per Luisa Leoni, super-mamma di sette figli, neuropsichiatra e responsabile educativa della cooperativa sociale “Il Pellicano” di Bologna, che ha portato al tavolo una serie di esempi di bambini e ragazzi in “crisi” d’identità o di lettura della realtà, indicando il compito dell’educatore nel risvegliare l’Io (don Giussani docet).

E così pure per Michele De Beni, docente di Pedagogia all’Istituto Universitario “Sophia” – istituzione accademica gestita dal Movimento dei Focolari – e membro del “Cognitive Research Group” diretto da Edward De Bono, che ha iniziato la sua carriera d’insegnante e successivamente preside a soli 19 anni nella periferia di Milano, tra ragazzi pluribocciati e armati di coltello, il “peggiore” dei quali, che allora si era preso a cuore, lo ha cercato al telefono parecchi anni dopo, in quella che fu la sua ultima serata terrena, per dire grazie a quel giovanissimo maestro che in lui aveva visto qualcosa di buono.

Continua a leggere l’articolo di Edoardo Tincani su La Libertà del 6 marzo

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