Per una politica ispirata ai valori e legata alla realtà

Dopo la sequela di celebrazioni dei 100 anni dell’Appello dei “Liberi e Forti”, grande esempio di “buona politica”, come è stato nella storia del popolarismo italiano, dobbiamo tornare al presente per capire le possibilità di dar vita ad una nuova stagione che si richiami a quella fase storica, ma senza fermarsi lì. Soprattutto nel campo dei “sinceramente democratici” – per dirla con don Sturzo –, tra coloro che continuano a considerare la politica un impegno per il “bene comune” e “una delle forme più preziose e alte della carità” (san Paolo VI) e là dove si può cogliere un reale fermento. Tante buone intenzioni e qualche iniziativa, in cui si notano però alcune debolezze. Prima di tutto va detto che non tutti hanno fatto tesoro dell’insegnamento sturziano della laicità. “Sin dall’inizio abbiamo escluso che la nostra insegna politica fosse la religione e abbiamo voluto chiaramente metterci sul terreno specifico di un partito che ha per oggetto diretto la vita pubblica della nazione”, scandì il fondatore nella sua relazione al Congresso di Bologna. Non può esistere un “partito dei cattolici”, e forse neppure “un partito di cattolici”. Parliamo di un partito che fa riferimento a valori morali, universali, costituzionali, che non sono patrimonio dei soli cattolici.
Non a caso Sturzo si rivolse “ai liberi e forti”, forti perché “moralmente liberi”. Pensiamo a un partito/movimento/rete che si caratterizza per un programma, come fu il PPI nel 1919. Dalle proposte programmatiche si potrà anche evincere che si tratta di un partito “cristianamente ispirato”. Ma non da etichette e insegne che nel passato hanno caratterizzato più i clerico-conservatori, e persino gli “atei devoti”, rispetto ai cattolici democratici. Sia chiaro: è positivo che autorevoli uomini di Chiesa sostengano le ragioni di un nuovo impegno politico del laicato cattolico, specie dopo la lunga stagione del disimpegno, che ha tolto linfa e a volte persino isolato coloro che nelle autonomie locali e nelle istituzioni hanno cercato di mantenere un impegno “socialmente evoluto” per il bene comune.

Leggi tutto l’articolo di Luigi Bottazzi nella pagina dei Lettori su La Libertà del 20 febbraio

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