Welfare aziendale e Comunità

Le persone sono il fulcro del cambiamento, nella società e nell’ambiente di lavoro. Ma affinché si generi cambiamento, è necessario che le persone siano sostenute, accompagnate, aiutate. Questo, in estrema sintesi, il senso dell’analisi sul welfare aziendale evidenziato nel secondo Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, elaborato su un campione di 7.000 lavoratori e presentato il 30 gennaio scorso presso la Sala Zuccari del Senato da Francesco Maietta, responsabile dell’Area Politiche sociali del Censis, e da Alberto Perfumo, Amministratore Delegato di Eudaimon.
Partiamo da alcuni dati.

Negli ultimi dieci anni, dal 2007 al 2017, il numero degli occupati in Italia è diminuito dello 0,3%, a fronte di un aumento in Germania dell’8,2%, nel Regno Unito del 7,6%, in Francia del 4,1% e nella media dell’Unione europea del 2,5%. L’Italia non riesce a risolvere l’atavica e dolorosa differenza di percentuali di occupazione tra Nord (al 50%), Centro (al 47%) e Sud (al 34%). Allo stesso tempo chi lavora, lavora molto di più rispetto al passato. Gli orari si sono allungati, gli straordinari sono diventati la normalità, la competizione crescente sul mercato ha imposto ritmi frenetici e usuranti. Il 50,6% dei lavoratori afferma che negli ultimi anni lavora di più, con orari più lunghi e con maggiore intensità. Sono 2,1 milioni i lavoratori dipendenti che svolgono turni di notte, 4 milioni lavorano di domenica e festivi, 4,1 milioni lavorano da casa oltre l’orario di lavoro con e-mail e altri strumenti digitali, 4,8 milioni lavorano oltre l’orario senza pagamento degli straordinari. Con effetti patologici rilevanti: 5,3 milioni provano sintomi di stress da lavoro (spossatezza, mal di testa, insonnia, ansia, attacchi di panico, depressione), 4,5 milioni non hanno tempo da dedicare a se stessi, 2,4 milioni vivono contrasti in famiglia perché lavorano troppo.

Le persone di oltre 55 anni hanno un’alta presenza nella pubblica amministrazione e nei settori istruzione, sanità e servizi sociali. I millennials – la generazione di coloro che sono nati fra i primi anni Ottanta e la fine degli anni Novanta, detta delle tre C: Connected (cioè connessi in Rete e a tutto il mondo); Confident (con grande fiducia in se stessi, vogliono emergere e avere visibilità); open to Change (aperti al cambiamento) – invece sono più presenti nei settori alberghiero e della ristorazione e nel commercio.

Continua a leggere tutto l’articolo nella rubrica Mirabilia a cura di Valeria Braglia su La Libertà del 6 febbraio

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