Pallone chiama vita

I ragazzini del Progetto Aurora ad Assisi

Quando il calcio va al di là di un pallone. Quella che vi stiamo per raccontare è una storia molto semplice, ma estremamente profonda, la storia di un allenatore di una società reggiana che, oltre a insegnare calcio ai ragazzini, cerca di trasmettere loro l’amore per la vita, per Dio, per la cultura e la conoscenza. Si tratta di Francesco Apice, allenatore dei ragazzini del Progetto Aurora, ai quali ha permesso di vivere poche settimane fa una magnifica esperienza di vita, due giorni dedicati alla cultura, ai valori profondi non soltanto cristiani, al ripercorrere i passi e le gesta di san Francesco di Assisi. è questo che hanno vissuto 36 giovani calciatori del Progetto Aurora di via Adua a Reggio, società presieduta da Gianni Salsi, grazie all’iniziativa di Francesco Apice, allenatore da dieci anni in forza alla società cittadina, da sempre innamorato del calcio, ma anche e soprattutto dell’educare i giovani in modo sano, attraverso i principi cristiani. Il 24 e il 25 novembre scorsi Apice, allenatore dei bimbi di quarta elementare, quindi dei nati nel 2009, ha portato 30 bimbi sui 36 che gestisce due giorni ad Assisi, accompagnati da 24 genitori entusiasti di partecipare, completando quindi un pullman con 54 posti.
“Alleno da dieci anni al Progetto Aurora e vivo a Reggio da 12 anni. Quando ho iniziato ad allenare, facendo anche l’educatore, al Don Bosco di Napoli, avevo 21 anni e facevamo i campionati della Figc, mentre qui a Reggio ho trovato grande forza nei campionati giovanili del Centro Sportivo”.

Da dov’è nata l’dea di portare i ragazzi ad Assisi?
Mi sono reso conto che manchiamo di formazione anche a livello umano a vari livelli: sul campo da calcio facciamo cose interessanti, ma fuori dal campo si dovrebbe fare molto di più perché essere allenatori-educatori significa anche questo. L’idea è stata quella di portare i ragazzini alla conoscenza di un uomo, di un modello vero, di un punto di riferimento importante.

Sei riuscito a coinvolgere anche tutti coloro che non sono cristiani?
Assolutamente sì, c’è molta fiducia in noi da parte degli abitanti del nostro quartiere e questo ci ha permesso di superare eventuali ostacoli culturali-religiosi. Quando proponi un determinato progetto a persone del Burkina Faso, del Marocco o dell’Albania, anche se incontri persone di religione e cultura diverse dalla nostra, che è fedele a Cristo, se lo si propone nel modo corretto, allora in molti di essi lo accettano. Alcuni, infatti, al momento di preghiera che le suore Angeline (che ci hanno ospitato) avevano preparato, hanno preferito andare a prendersi un caffè, ma questo ci sta, nel rispetto di tutti, ma nel contempo in molti, anche non cristiani, sono rimasti con noi ad ascoltare i racconti della vita di Francesco e Chiara.

Continua a leggere tutta l’intervista di Lorenzo Chierici su La Libertà del 23 gennaio

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