Sant’Antonio abate

Provengo da una famiglia contadina, produttori di Parmigiano Reggiano da generazioni, quelle aziende tradizionali oggi in via di estinzione: caseificio, allevamento di bovini, di suini, animali da cortile. Il mondo agricolo è da sempre influenzato dalle tradizioni e dalle ricorrenze religiose e, insieme al rispetto per gli animali, mi sono stati insegnati l’importanza e il fascino di queste tradizioni.

Mio nonno recitava le preghiere mattutine strigliando la cavalla e, sui versi del Pater Noster latino, il tono si alzava in rimprovero se lei non stava ferma. A volte penso a questa immagine quando al mattino butto giù un caffè in piedi per correre incontro alla mia giornata frenetica!

Il 17 gennaio ricorre la festa di Sant’Antonio Abate: in ogni locale adibito a ricovero per animali si mette l’immagine del santo con un lumino che resta acceso tutta la giornata, il parroco passa a impartire la benedizione e a casa nostra è una delle 5 date in cui si mangiano i tortelli di zucca: 17 gennaio, 19 marzo (San Giuseppe), 8 settembre (natività di Maria), Vigilia di Natale e, arbitrariamente inserita da mio papà, la data del suo compleanno (a riprova che le tradizioni vengono anche modulate su misura!)

Ho sempre trovato molto suggestivo il giro degli allevamenti, per predisporre i “santini”,  il giorno precedente la ricorrenza.

Ricordo un anno un cavallo con coliche intermittenti da 3 giorni… le speranze ci stavano abbandonando: il parroco, passando per la tradizionale visita di Sant’Antonio, gli riservò una benedizione particolare e dal giorno successivo cominciò a migliorare (a onor del vero devo dire che insieme alla benedizione non mancarono le cure del veterinario!)

La tradizione di benedire gli animali nasce nel Medioevo. I canonici antoniani allevavano maiali per il sostentamento e per ricavare medicamenti preziosi: questi animali vagavano liberamente per città e campagne, con punizioni terribili per chi facesse loro offesa.

In una novella del Decameron (1300) Boccaccio attesta il patronato di Sant’Antonio su tutti gli animali da cortile e da stalla (buoi, ovini, maiali, pecore, cavalli).

Questo patronato non è riconducibile a fatti contemporanei alla vita dell’eremita.

Antonio, di origine egiziana, nacque nel 250 d.C da genitori nobili e ricevette una formazione cristiana. A 18 anni, vendute le sue ricchezze, si ritirò nel deserto, affrontando prove fisiche e spirituali, in costante ricerca dell’ascesi. La vecchia iconografia lo rappresenta vestito di un abito scuro, una mano stringe un nodoso bastone da eremita, l’altra un volume rilegato. Ai suoi piedi uomini e donne inginocchiati e con le mani giunte chiedono grazia, salute, salvezza.

Le immagini a noi più note, con gli animali ai piedi del santo, risalgono al XX secolo.

Da solitario eremita nei secoli il santo diventò potente taumaturgo, in grado di proteggere non solo dal fuoco delle tentazioni ma anche dalle fiamme fisiche e pericolose della malattia: veniva invocato per guarire il “fuoco sacro”, che provocava ulcere e cancrene. Si trattava in realtà di un’intossicazione alimentare chiamata “ergotismo”, dovuta al consumo di segale (più economica del frumento) infestata da un fungo nei periodi molto umidi (oggi il “fuoco di Sant’Antonio” viene identificato con una sintomatologia causata dal virus Herpes Zoster). I canonici antoniani accoglievano e curavano i malati di fuoco sacro: il digiuno e l’astensione dal consumo di segale e l’alimentazione a base di carne portavano miglioramento. Dal grasso di maiale si ricavavano unguenti da applicare sulla cute.

Attorno alla figura di Sant’Antonio, prima eremita, poi taumaturgo, infine contadino, gravitano molte leggende popolari: una di queste racconta che la notte del 17 gennaio gli animali acquisiscono la facoltà di parlare, ma bisogna stare lontani dalle stalle perché sentirli porterebbe sventura!

Il culto contadino è fatto di proverbi, benedizioni, formule di scongiuro e a volte le tradizioni si mescolano con le superstizioni, ma è comunque affascinate e patrimonio prezioso.

 Dal canto mio non voglio perdere la consuetudine e, visto che il giorno si avvicina, vado a preparare le immagini di Sant’Antonio da mettere nei locali dove soggiornano i miei animali… ambulatorio compreso!

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