Ma il presepio non è un mito

Divergendo dall’interpretazione estensiva di Maurizio Bettini

Il volume sul presepio1 recentemente pubblicato per Einaudi da Maurizio Bettini (nella foto a centro pagina la copertina, ndr) merita considerazioni e valutazioni per l’approfondimento specifico ed il taglio singolare che l’illustre filologo ha voluto dare al tema, solo apparentemente di facile portata, che è quello del significato del presepio nelle nostre case; l’intento palese è quello di coglierlo non solo all’interno di una cultura cristiana o forse meglio dire cattolica, ma in un quadro religioso più ampio che si allarga fino a comprendere il suo significato antropologico.

L’autore mette in relazione i racconti dei Vangeli – con le difficoltà interpretative che vedono ambientato il presepe nella stalla (Luca: in realtà cita solo la “mangiatoia”, appunto il presepe), nella “casa” (Matteo: qui infatti avviene l’adorazione dei magi) e in seguito nella “grotta” (dei vangeli apocrifi più tardivi) – con le grotte in cui sono ambientate le nascite degli dei e dei bimbi “divini” nella mitologia antica, come Adone o Zeus, così come sono portati altri esempi di “mangiatoie” e nascite ove il neonato viene collocato in contenitori del tutto atipici: Ermes e Dionisio o personaggi della storia entrati nel mito come Sargon I e, chi non li ricorda, Romolo e Remo.

La filologia su questo punto non aiuta tuttavia quanto invece lo fa l’archeologia, accompagnata dalle semplici consuetudine agresti della Palestina: le abitazioni venivano infatti costruite in modo che la parte anteriore o sottostante costituisse il ricovero degli animali, dei quali la famiglia rurale era sempre munita: si faceva così per custodirli e poter sfruttare il loro calore all’interno dell’abitazione.
Ma ve ne era una versione scavata nella roccia: il “Campo dei Pastori” si trova a est di Betlemme, nei pressi del villaggio di Beit Sahur2.
Le tracce di vita nelle grotte, risalenti ai periodi erodiano e romano, i resti di frantoi antichissimi, lo scavo di una vasta installazione agricola monastica con torchi, vasche, silos e grotte, le vestigia militari di epoca erodiana, dimostrano che il luogo era abitato all’epoca della nascita di Gesù a Betlemme. è verosimile che l’abitazione fosse addossata alla cavità della roccia che custodiva gli animali.
La “grotta” in cui nacque Gesù a Betlemme, conservata nella basilica, secondo alcuni studi archeologici è proprio un locale di questo tipo, incorporato nel recinto di una casa.

Leggi tutto l’articolo di Giuseppe Piacentini su La Libertà del 9 gennaio

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