La festa delle cose semplici

Settantotto anni fa, nel cuore della guerra. Don Sergio Pignedoli, volendo seguire i suoi studenti universitari della Cattolica (e in generale della Federazione Universitari Cattolici Italiani) chiamati alle armi come ufficiali e volendo condividere la loro vita, si arruola come cappellano militare volontario. Oltre alle tante lettere private che scrive loro, quasi ogni settimana ne scrive una collettiva che pubblica sulla rivista della Fuci. Diverse delle quali vennero poi raccolte in un volume dal titolo “Così lungo la via”, edito nel 1942 dall’Istituto di propaganda Libraria. La lettera che segue è stata inviata da bordo della Nave ospedale “Po”, la prima delle diverse navi battenti, accanto a quella italiana, la bandiera con croce rossa, sulle quali egli ha esercitato il suo esemplare servizio di sacerdote. Il testo non è solo un piccolo racconto di Natale. È la testimonianza di quanto, anche in piena guerra e in pieno regime fascista, i cappellani come don Sergio lavorassero per la pacificazione e per la costruzione di un “ordine nuovo” connotato da frontiere aperte alla fraternità di tutti gli uomini.

Amico soldato, ti auguro il buon Natale. Ti auguro cioè la carità più viva verso Dio e i fratelli, la semplicità della vita, il gusto delle cose buone.
Fatti un piccolo presepio, nella tua baracca o nella tua trincea o nel tuo cuore, poco importa: una culla per il Bambino Gesù devi farla. Dio si accontenta di poco.
I miei marinai stanno costruendo il presepio sulla veranda che sta sotto il posto di comando. Ho preso già tutto il necessario: le statuette, la capanna, alcuni paesini palestinesi, il sughero per rappresentare i monti e le rocce, il muschio.
Non manca niente, neppure la stella dalla coda luminosa.
Un ufficiale ha già cominciato a dipingere la scena di sfondo: la città di Betlemme tra le palme e, in alto, il cielo pieno di stelle.

Continua a leggere l’articolo di don Sergio Pignedoli su La Libertà del 19 dicembre 



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