I giorni della metalmeccanica

Dopo il rallentamento dell’industria metalmeccanica manifestatosi negli ultimi mesi, viene confermata una tendenza di crescita molto marginale che si traduce in una sostanziale stagnazione.

Anche le previsioni sulla produzione industriale sono, per la maggior parte delle imprese, negative, per la prima volta dopo molto trimestri.

Tutto questo è dovuto ad una serie di concause, dall’economia mondiale che attraversa una fase di contrazione alle vicende geopolitiche che generano instabilità e incertezza.

Nel nostro Paese incide anche l’evoluzione della situazione politica interna che sta determinando rischi per l’innalzamento dei tassi di interesse e per un limitato sostegno alla crescita.

Il quadro dell’industria metalmeccanica e meccatronica nel nostro Paese è molto variegato: a fronte di settori (e territori) che crescono ad un ritmo maggiore, ci sono settori (e territori) che tengono una velocità ridotta.

Il terzo trimestre dell’anno si mostra debole per l’industria metalmeccanica reggiana. L’indagine congiunturale di Unindustria Reggio Emilia registra infatti una contrazione della produzione industriale del 2,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, che aveva registrato un forte tasso di crescita. Il dato interrompe un percorso di crescita che durava ininterrottamente da sette trimestri consecutivi.

La battuta d’arresto della produzione è confermata dagli altri indicatori: fatturato 0,1%, ordinativi -6,8% con un calo del 6,3% sul fronte estero. Nella media invece i livelli occupazionali che mostrano un aumento del 3,3% rispetto all’analogo periodo del 2017.

Le aspettative delle imprese metalmeccaniche sul quarto trimestre sono in peggioramento.

 Nel Paese ci sono più di 100 mila imprese metalmeccaniche che occupano più di 1.600.000 lavoratori. Il nostro settore è il più importante in Italia e si colloca in Europa in seconda posizione alle spalle della sola Germania.

L’industria metalmeccanica con circa 120 miliardi di valore aggiunto contribuisce per l’8% alla formazione della ricchezza nazionale misurata con il PIL.

Con circa 216 miliardi di euro rappresenta circa il 50% delle esportazioni complessive del paese, generando un attivo dell’interscambio pari ad oltre 50 miliardi di euro.

La nostra vocazione all’export deve vederci impegnati nel sostenere lo sviluppo della dimensione internazionale delle imprese.

Anche nei territori la metalmeccanica è di gran lunga il comparto di maggiore dimensione e rilevanza.

A Reggio Emilia le aziende metalmeccaniche occupano il 57% della forza lavoro dell’industria manifatturiera e contribuiscono al 61% dell’intero export provinciale.

Negli ultimi mesi, infatti, i giudizi degli imprenditori sono peggiorati per effetto della situazione di incertezza che porta a rallentare le decisioni di investimento e per la debolezza della domanda mondiale.

 Normativa sulla flessibilità del lavoro (Decreto Dignità)

La flessibilità per l’industria metalmeccanica non è precarietà: Il 96% dei lavoratori del settore sono a tempo indeterminato. Fino ad oggi i contratti a tempo determinato sono stati anche un’occasione per instaurare rapporti di lavoro stabile, infatti il 40% dei lavoratori assunti a tempo indeterminato nelle nostre aziende sono trasformazione di contratti flessibili. Dall’ultima indagine a livello nazionale emerge che, per effetto delle recenti norme (Decreto Dignità), che hanno introdotto rigidità nel mercato del lavoro, il 30% delle imprese del settore cesserà i rapporti di lavoro a termine alla loro scadenza, percentuale che sale al 36% per le imprese metalmeccaniche reggiane, proprio a causa del deterioramento del quadro macroeconomico.

Inoltre si rileva la difficoltà a prorogare o rinnovare i contratti a termine in scadenza. Il 65% delle aziende che non prorogheranno o non rinnoveranno i contratti, ne imputano le cause alle limitazioni imposte dal Decreto Dignità. Non si crea lavoro con le norme, imponendo dall’alto soluzioni che invece devono nascere dal mercato. Per creare occupazione stabile, serve una crescita stabile che va stimolata con adeguate politiche industriali. Per avere più occupazione bisogna puntare di più sulle imprese. Questa è l’unica equazione possibile. E’ necessario rendere le imprese competitive e creare i profili professionali corrispondenti ai bisogni delle aziende.

 

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