Com’è coinvolgente questa MISSIONE

Fogliano: tavola rotonda a partire dal libro di padre Menin

Quando nella Chiesa si parla di missione cosa s’intende oggi? Dove va la missione e come sta cambiando? Queste e altre domande sono state al centro della tavola rotonda che si è tenuta nella parrocchia di Fogliano lo scorso 27 novembre con alcuni missionari a partire dal libro Missione (Cittadella Editrice), scritto da padre Mario Menin, saveriano e direttore di Missione Oggi.
“Ho scritto il libro per dire che la missione a partire dal Concilio Vaticano II è diventata il cuore della Chiesa. La Chiesa è missione, il grembo fecondo della Chiesa è la missione. Se vogliamo riformare la Chiesa dobbiamo ripartire dalla sua identità missionaria”, ha detto padre Mario, che per anni ha operato in Brasile, a Heliópolis, una favela di San Paolo, in un cammino di Comunità Ecclesiali di Base accompagnate dal cardinale Evarist Arns.

“Papa Francesco riporta la missione nel cuore del Chiesa, anzi la definisce pilastro fondamentale della sua conversione pastorale”, ha detto nel coordinare la serata suor Paola Torelli, delle Piccole Figlie di San Francesco d’Assisi, già missionaria in Perù. Nel confrontarsi sul tema della missione, realtà in continuo movimento, ci si è chiesti come stia cambiando. “Siamo passati da una missione senza l’altro ad una missione con l’altro – ha detto padre Menin – da una missione a senso unico, come operazione del mondo occidentale cristiano verso gli infedeli, alla riscoperta della missione come movimento di Dio verso di noi: il viaggio di Gesù Cristo dal mondo di Dio alla nostra umanità. Un viaggio che è costato un caro prezzo a Dio. La missione è anzitutto un’azione di Dio, prima che una nostra azione e da questo dobbiamo partire per trasformare il nostro immaginario missionario, per purificarlo dalle etichettature che non corrispondono alla missione di Dio”.

Un libro scritto anche per sottolineare che “la missione è di tutti i discepoli, di tutti i battezzati. è importante che ci siano delle persone che vadano in missione, però non possiamo dispensarci dall’essere missionari: tutti siamo chiamati ad essere missionari. Siamo passati da una missione contra gentes, contro gli altri, contro le altre religioni, ad una missione cum gentes, con gli altri, inter gentes, con le altre religioni, ad una missione dialogica, riscoprendo che il nostro è un Dio di dialogo. La missione è annuncio, testimonianza, profezia, comunione. Dovremmo testimoniare il Vangelo in maniera non violenta, abitando e stando soprattutto nelle frontiere, nelle periferie, nei luoghi dell’esclusione, per dire che Dio ascolta il grido degli oppressi, dei piccoli, delle donne escluse. E al prossimo Sinodo Panamazzonico desideriamo che tutto il mondo ascolti il grido delle popolazioni indigene che sono state violentate nella loro identità culturale, nel loro ambiente vitale perché il Brasile, come anche il Congo, sono diventate delle miniere a cielo aperto dove andiamo a portare via quello che serve per le nostre industrie.

Continua a leggere l’articolo di Elisabetta Angelucci su La Libertà del 5 dicembre

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