Due comunità cattoliche di frontiera e sotto attacco pregano insieme
Riesplode la violenza nella Striscia di Gaza dove da domenica 11 novembre si susseguono attacchi tra esercito israeliano e miliziani di Hamas con bombardamenti ed esplosioni che hanno provocato, ma il bilancio è provvisorio, sei morti tra i palestinesi e uno, un alto ufficiale delle Forze speciali, tra gli israeliani. Secondo i media locali che citano l’esercito israeliano, circa 400 razzi sono stati lanciati da Gaza su Israele da lunedì 12 novembre, tra cui una settantina dopo la mezzanotte; una ventina sono caduti in centri abitati (Ashqelon, Sderot e Netivot nel sud), un centinaio sono stati intercettati dal sistema Iron Dome, tutti gli altri sono caduti in aree aperte.
Israele ha risposto bombardando “circa 150 obiettivi terroristici di Hamas e della Jihad islamica”. Nello stesso giorno un aereo F-16 israeliano ha colpito gli studi della stazione televisiva di Hamas, Al-Aqsa, causando ingenti danni, ma senza vittime né feriti. Israele aveva avvertito dell’attacco e l’edificio era stato evacuato.
Sofferenza comune
“La tensione è palpabile. Ieri le autorità locali hanno dato l’avviso alla popolazione di restare nei pressi dei rifugi e dei bunker”, racconta don Piotr Zelazko, parroco di Sant’Abramo a Beer Sheva, nel sud di Israele, città già colpita dai razzi di Hamas lo scorso 17 ottobre e tutt’ora minacciata dalla Jihad islamica. “Attraverso i social ci arrivano dai nostri conoscenti che vivono a Sderot, a soli 20 km da qui, i filmati dei missili lanciati da Gaza. Siamo consapevoli dei pericoli. Poco meno di un mese fa qui una madre è riuscita a salvare i suoi figli riparandosi nel bunker sotterraneo della propria casa. Chi vive a poca distanza dalla Striscia purtroppo si è abituato a questa tensione ma noi non vogliamo smettere di pregare per la pace”.
Leggi tutto l’articolo di Daniele Rocchi su La Libertà del 21 novembre