Cosa c’entra Gianbattista Vico con la fotografia

Garry Winogrand, nato nel Bronx nel gennaio del1928 e morto a soli 56 anni a Tijuana, città appena al di là del confine che separa San Diego dal Messico, è stato considerato dai critici il paradigma della ‘street photography’, una tendenza che oggi ha tutta l’aria di essere una vera novità.

La fotografia di strada, così si dovrebbe chiamare in italiano, ad onor del vero, nasce alla fine dell’ottocento con fotografi come Atget e Hine, che non avevano, o non volevano avere, niente a che fare con il pittorialismo. A quel tempo il desiderio dei fotografi di fare i pittori era pratica diffusa, perché così, dicevano, si sentivano veramente artisti. La cosa non è sfuggita agli artisti del pennello ed è così che in tanti di loro hanno deciso di dipingere le loro tele in modo da renderle quanto più simili alle fotografie.

Robert Demachy, Dietro le scene, 1904 (fotografia)
Gaetano Chierici, Gioie infantili, 1895 (dipinto)

Tanti fotografi per contro, proprio come Atget e Hine, volevano solo documentare la vita così come era, riprendendo, pari pari, quello che c’era davanti all’obiettivo della macchina fotografica, senza ammennicoli di sorta che ne trasformassero l’immagine.

Ecco come ci casca a fagiolo Giambattista Vico, il pensatore solitario del ‘600, che parlava di ‘corsi e ricorsi storici’, perché anche nel campo dell’arte, tirare fuori dal cassetto qualcosa di veramente nuovo è sì possibile, ma rimane pur sempre molto difficile.

Infatti anche oggi ci sono autori che non hanno deciso cosa fare da grandi, se il fotografo/pittore o il pittore/fotografo.

Diego Ravalico, Venezia, 1959 (fotografia)

 

Richard Estes, View of Florence, 1985 (dipinto)

E Garry Winogrand cosa c’entra con tutto questo? C’entra per il fatto che ha cercato strade nuove, scusate il bisticcio, nella ‘street photography’.

Innanzitutto è un autore che a me non piace particolarmente, ma non per questo ho rinunciato a studiarlo.

L’epoca in cui lavora è quella della beat generation, la nostra gioventù bruciata per intenderci, quel movimento culturale che, ad essere buoni, non voleva avere dimestichezza con le regole, anzi non solo era permesso trasgredirle, ma sembrava che fosse l’unica cosa giusta da fare (ma non l’avevano già pensato, nel campo dell’arte, più o meno i dadaisti qualche decennio prima?).

Per farsi un’idea di quel periodo basta che andiate a rileggervi Kerouac e il suo romanzo ‘Sulla strada’, perché lì c’è spiegato il tutto per benino.

Quindi anche per Winogrand era imperativo trasgredire qualche cosa.

Lo vediamo da questo video che ho pescato sulla rete:

Al momento della sua morte lasciò 2.500 pellicole non sviluppate, 6.500 rotoli solo sviluppati e circa 3.000 rulli provinati ma non stampati. Facendo i conti: 432.000 fotografie scattate.

Non c’è alcun dubbio che affidasse molto al caso e in puro stile ‘Beat’ tendesse a stravolgere tutte le regole.

I critici, che non sempre hanno ragione, lo hanno visto ispirarsi a Robert Frank e a Walker Evans (questo poi lo mettono in ogni pasta). C’è chi ha detto che amava tantissimo Herni Cartier-Bresson, andava spesso in giro con Lee Friedlander ed ha anche esposto con lui al MOMA di New York, assieme alla Diane Arbus, nel 1967.

Si guadagnava da vivere facendo il freelance per i giornali e i pubblicitari, ha insegnato fotografia nelle università di Austin e Chicago e nel tempo libero se ne andava in giro a scattare le sue decine di migliaia di fotografie come abbiamo visto.

Nella sua vita ha ricevuto tre borse di studio Guggenheim per lavorare su progetti personali e una borsa di studio dal National Endowment for the Arts.

Per finire due considerazioni:

la prima è che gli artisti per lavorare hanno bisogno, come tutti, dei soldini, ed è da molto tempo che le nostre Amministrazioni sono ben lontane da avere idee tipo borse di studio. Infatti sono più occupate ad attaccare opere d’arte alle pareti delle sale espositive e a tagliare nastri nelle inaugurazioni, piuttosto che avere la lungimiranza di dare a qualche artista la possibilità, a priori, di sviluppare qualche idea.

Che il motivo stia nel fatto che le idee bisognerebbe avercele?

La seconda è che va bene trasgredire le regole, ma è assolutamente necessario che le regole, per essere trasgredite, debbano prima essere imparate, sennò che cosa si trasgredisce?

Per commentare la rubrica scrivi a giuseppemariacodazzi@laliberta.info

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