La parrocchia? Casa dei giovani

“Fare della parrocchia la casa dei giovani”. È una delle proposte emerse dai padri sinodali, secondo quanto ha riferito Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, durante la conferenza stampa a chiusura della seconda settimana del Sinodo dei vescovi sui giovani.
“Le parrocchie non bastano più ai giovani, che sono abituati alla connettività senza confini”, ha detto Ruffini riferendo del dibattito ai giornalisti: “Creare una rete di parrocchie in tutto il mondo”, una delle “buone pratiche” suggerite nell’ambito della pastorale giovanile: con i giovani – secondo i 267 padri sinodali riuniti in Vaticano fino al 28 ottobre – occorre “recuperare un rapporto personale”, tenendo conto nello stesso tempo del fatto che “la società digitale chiede alla Chiesa di stare nelle reti sociali in modo efficace, per raggiungere ogni periferia”. Tra le altre proposte, quella di valorizzare le Giornate mondiali della gioventù, ma anche l’ordinarietà del vissuto pastorale, utilizzando ad esempio “il volontariato internazionale come ponte” tra questi due versanti della realtà abitata dai giovani.
Il 25 ottobre, ha annunciato Ruffini, i padri sinodali compiranno un pellegrinaggio lungo l’ultimo tratto della Via Francigena. Il percorso del pellegrinaggio, promosso dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, si snoderà lungo i 6 chilometri che separano il Parco di Monte Mario da piazza San Pietro.

Quanto spazio ha occupato la questione della vocazione dei giovani al sacerdozio durante i lavori sinodali? Il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, risponde riferendo di come, nel suo Circolo minore, si sia cercato di “allargare il concetto di vocazione, per applicarlo oltre che al sacerdozio anche alle altre dimensioni della vita, come la vocazione all’impresa o alla politica”, partendo dalla capacità “di riconoscere la vita come vocazione e di misurarsi continuamente con la volontà di Dio”.

Ad una domanda sulla presenza delle donne al Sinodo risponde suor María Luisa Berzosa González, direttrice di “Fe y alegría” e responsabile di una scuola cattolica e di educazione popolare in Spagna. “Se nella Chiesa non c’è una porta spalancata ma c’è una fessura, io mi infilo come donna”, afferma auspicando “più inclusione” nella Chiesa, affinché quest’ultima “sia più presente come popolo di Dio e non solo come gerarchia”.
“Cercare un linguaggio comprensibile per parlare con loro”. È questa, per il cardinale Louis Raphaël I Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei e capo del Sinodo della Chiesa caldea in Iraq, la “novità” del Sinodo dei vescovi sui giovani. “Siamo abituati ad un linguaggio tradizionale, che oggi non parla”, l’analisi del cardinale alla sua quarta partecipazione a un’assemblea sinodale: “Oggi bisogna trovare un altro linguaggio. La Chiesa è uscita dal palazzo, è molto vicina e solidale con il mondo”.
“Questo Sinodo ci aiuterà a cambiare la nostra pastorale”, la previsione di Sako.

Continua a leggere l’articolo di Maria Michela Nicolais su La Libertà del 24 ottobre



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