Suona la campanella ma mancano posti…

Sui giornali in questi giorni troviamo titoli di impatto come “Siamo tutti in attesa del suono della campanella” e simili, che sottolineano la trepidazione di famiglie e alunni per la grande avventura della conoscenza che sta per iniziare. I bimbi della prima elementare hanno da tempo preparato zaino, astuccio, pastelli, righello e l’hanno riposto in attesa del grande evento. Le mamme, ancora più emozionate, non vedono l’ora di varcare le soglie dell’istituto che accompagnerà i loro figli per un periodo non insignificante della loro vita.

Ma come risponde lo Stato a tanta attesa, a tanta speranza, a tanta commozione?
Col mortificante balletto dei posti vacanti: mancano 1.800 presidi, 80.000 docenti, 2.000 direttori amministrativi, 40.000 docenti di sostegno, che dovranno essere in qualche modo reperiti e fatti fluttuare nelle diverse scuole. Questa è la situazione del versante statale del nostro sistema scolastico. La scuola paritaria, se è possibile, è ancora più penalizzata. I 493 milioni stanziati per il 2017-18 non sono mai stati sufficienti, ma la situazione attuale è ancora peggiore. Il “decreto dignità” ha ridotto la possibilità di stipulare contratti a tempo determinato da 36 a 24 mesi, ciò che impone un turn over frequente del personale a tempo determinato, dal momento che una scuola paritaria non può garantire da un anno all’altro la permanenza di corsi, classi e numero di alunni. E la continuità didattica ne soffre visibilmente.

Secondo uno studio della FOE (Federazione Opere Educative) nell’anno scolastico 2012 – 2013 gli iscritti alle scuole paritarie erano 1.036.000 su 13.825 scuole, mentre nell’a.s. 2016 – 2017 gli iscritti sono diventati 903.000 su 12.996 scuole, con un calo di oltre 100.000 alunni e 829 scuole.
Marco Lepore su Il sussidiario ricorda che Michele Boldrin, studioso di teoria della crescita economica, progresso tecnologico e macroeconomia, docente alla Washington University di St. Louis, sbigottito dalla miscela di statalismo, sindacalismo, inefficienza e confusione in cui versa la scuola italiana, scrisse un articolo (“Forse c’è un’altra strada”, Il Fatto Quotidiano, 3 settembre 2010) in cui affermava che per farla funzionare occorre “decentralizzare per davvero le decisioni di assunzione e impiego del personale (…), trasformare ogni scuola in una cooperativa di insegnanti a cui lo Stato dà in concessione (a un prezzo che copra l’ammortamento) le strutture fisiche”; lasciare al soggetto gestore la facoltà di decidere “chi assumere (e a che condizioni), chi promuovere, premiare o licenziare”. Per gli alunni propose “Buoni scuola uguali per tutti gli studenti, finanziati con le imposte e spendibili nella scuola di propria scelta”.

Leggi tutto l’articolo di Giuliano Romoli su La Libertà del 19 settembre

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