«Don Guido va in Africa»

Missionarietà reggiana tra le due guerre

Reggiano di patria, ma soprattutto di carattere. La sua vita, infatti, si caratterizza per quella serenità di spirito che non solo lo porta ad affrontare con giocosità gli avvenimenti della vita, ma dice d’un uomo che sa con certezza d’essere figlio di Dio e nelle mani di Dio pone la sua vita. Poi c’è tutto un particolare percorso formativo ricevuto in un seminario che – come si vedrà nei suoi scritti – segue lo sviluppo della personalità con una modulazione di ottimismo, di grande apertura sul futuro, di approfondimento culturale che, lungi dal restare nel campo “letterario”, si riverbera nella vita quotidiana e si estrinseca in battute di gradevole umorismo.

Guido Panciroli nasce a Codemondo l’1 aprile 1894. Frequenta a Marola, fra l’autunno 1908 e la primavera 1912, le classi ginnasiali, esclusa la prima, con una votazione media vicina al sette, ma con un invincibile 5 o 5 e mezzo in lingua greca, riuscendo sempre comunque promosso. Il che dice di un metodo pedagogico ancor oggi quanto mai attuale che non valuta i contenuti di sapere di ogni singola materia, ma guarda la personalità dell’alunno nel suo complesso, compresi i modi di guardare alla propria vita presente e futura.

Benché avanti di un anno, a Marola gli è compagno di studi e di votazioni scolastiche, soprattutto in greco, Alceste Corbelli, di Pantano (1892-1953) che lo precederà di due anni nell’ordinazione sacerdotale e nell’ingresso fra i comboniani e lo seguirà di cinque anni nella partenza per le missioni del Sudan.
Trasferito al seminario di Reggio, nella sede di San Rocco, Guido frequenta il liceo, interrotto dal servizio militare in tempo di guerra. Qui consideriamo il gesto tipico dei seminaristi reggiani chiamati alle armi: depongono la talare baciandola, speranzosi di poterla quanto prima reindossare e considerandola abito, se non del corpo, dell’anima. Così che essa continua a dettare loro la regola di vita.

Continua a leggere tutto l’articolo nell’inserto Memoria Ecclesiae su La Libertà del 29 agosto

 



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