La casa, luogo di cura

L’Assistenza domiciliare nel nuovo libro di Fabio Cavallari

La copertina del libro

Empatia, accompagnamento e relazione: tre parole in disuso – per lo meno in una società che pretende orgogliosamenre l’autosufficienza, come quella in cui viviamo – fanno da architrave al libro di Fabio Cavallari “La cura è relazione. Storie di assistenza domiciliare” uscito il mese scorso per i tipi di Lindau (160 pagine, 16 euro). È un testo di taglio narrativo in cui, attraverso le testimonianze di famiglie rese fragili dalla malattia neurodegenerativa o terminale, e insieme alle loro quelle di operatori, medici e assistenti sociali, ci si addentra nel terreno sconnesso e dolorosamente misterioso che la disabilità e la cronicità patologica producono nell’umano. Le storie sono vere e, benché si ambientino in suolo lombardo, consegnano a tutti un canovaccio di esperienza viva e universale.

Non si tratta di uno spot edulcorato sul valore dell’assistenza dei malati nella loro dimora: alcuni capitoli parlano di sensi di abbandono che fagocitano il caregiver, di gestione del rifiuto o dell’ostilità da parte dei familiari del cosiddetto utente, di approcci che possono risultare sbagliati nei tempi o nei modi. Ci sono luci e ombre. Con un paio di certezze incrollabili, giacché ogni caso – e ogni casa – è differente: la prima è che si cura l’uomo prima che il problema che lo affligge (il focus dell’Assistenza domiciliare è la presa in carico della persona e del suo nucleo, mai della malattia); la seconda è che tutti gli operatori, oltre al sapere tecnico, debbono percepire una sorta di vocazione per il proprio mestiere. E questo vale per tutte le professioni coinvolte nel servizio, dal medico al fisioterapista, dall’operatore socio sanitario all’infermiere.

Mentre in ospedale o in altra struttura il paziente viene accolto, a domicilio la situazione si rovescia sicché è l’operatore a essere accolto. Alla luce di questa lettura si comprende bene come l’espressione “vite indegne di essere vissute” non sia altro che un’invettiva decontestualizzata, una frase smentita da chiunque sappia declinare la relazione di cura in realtà, trasformandola in verità concrete fatte di pane e ascolto, pulizia personale e affetto condiviso. L’Assistenza domiciliare – suggerisce l’autore, giornalista e scrittore, in punta di piedi – permette di vedere ciò che la modernità nasconde, di rendere viva e vera anche la vicenda più drammatica che si possa incontrare.

Continua a leggere tutto l’articolo di Edoardo Tincani su La Libertà del 25 luglio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *