Fra prossimità e trascendenza la strada degli Uffici pastorali

Nella mattinata del 6 luglio ci siamo ritrovati tra direttori e collaboratori degli Uffici diocesani per proseguire il cammino di ripensamento dei percorsi e delle attività avviato qualche tempo fa. Diversi momenti hanno scandito la giornata: prima di tutto abbiamo posto il nostro lavoro sotto l’ispirazione dello Spirito Santo e, attraverso la meditazione su alcuni testi di san Giovanni Paolo II e di Papa Francesco, abbiamo preparato il nostro cuore e la nostra mente a un atteggiamento di ascolto reciproco e di fraternità.

Abbiamo poi cercato di approfondire con l’aiuto di don Stefano Borghi, come si sia sviluppata nella storia della Chiesa la ripartizione del lavoro pastorale per ambiti e come l’iniziale suddivisione pensata dal Concilio Vaticano II (annuncio, celebrazione, carità) sia stata integrata dalle proposte di cambiamento di prospettiva più orientate verso la specificazione di “ambiti antropologici”, fatte al Convegno di Verona nel 2006 e dal più recente Convegno di Firenze nel 2015.

è stata quindi introdotta la proposta pensata per la nostra Diocesi di rivedere i percorsi di evangelizzazione a partire da tre prospettive teologico-pastorali, quali quelle dell’“Educare le persone”, “Abitare la società” e “Incontrare la fragilità”. Queste tre espressioni non sono da intendersi come ambiti di vita separati ma piuttosto legati da un orizzonte di fondo comune il cui scopo è di saper ri-dire con parole nuove e adatte alla situazione sociale ed ecclesiale del nostro tempo quello che è il cuore del messaggio del cristianesimo, che è la vita rinnovata in Cristo Gesù.

Nei momenti di confronto a gruppi abbiamo continuato il lavoro di condivisione a partire da questa traccia , cercando di capire, innanzitutto, se queste nuove prospettive possano essere categorie utili nel prefigurare un nuovo cammino o se sia necessario affiancarle ad altre. Abbiamo rilevato che molto del lavoro che siamo chiamati a fare come uffici implica la capacità di coinvolgimento integrale delle persone a cui ci rivolgiamo, perdendo un po’ di quella eccessiva frammentazione che ha caratterizzato in certe occasioni le nostre proposte pastorali.

Questi ambiti ci guidano infatti verso l’acquisizione di uno sguardo nuovo che, senza nascondere la complessità del reale, ci permetta di avere una prospettiva unificante e di ampio respiro che possa farsi carico della persona nella totalità della sua prima e originaria vocazione, che è la vocazione alla vita. Sentiamo anche la necessità di costruire insieme ricentrando la nostra appartenenza sulla parola di Gesù, in modo da avviare dei percorsi in cui l’intento non sia quello di calare soluzioni dall’alto senza porsi in una dinamica di ascolto delle comunità, ma invece sia una dinamica bidirezionale dalla quale possa scaturire un reciproco arricchimento a motivo del camminare insieme.
Questo vuol dire anche condividere i significati che attribuiamo alle singole parole che descrivono queste tre nuove prospettive.

Continua a leggere tutto l’articolo di Chiara Franco su La Libertà del 25 luglio



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