Nuova primavera a Brugneto

Festa con il vescovo Massimo per la riapertura del santuario

Il santuario della Beata Vergine dello Spino ha rappresentato, fin dalla sua istituzione, il punto centrale per la vita religiosa e da sempre un importante riferimento lungo la strada provinciale che da Reggiolo corre in direzione Guastalla, tagliando la bassa reggiana da est verso ovest. La prima menzione storica della devozione al quadro mariano che siamo onorati di ospitare risale alla visita pastorale del vescovo Claudio Rangone avvenuta nel 1593, citata dallo storico Aldo Zagni. Collocata inizialmente in una cappella laterale la sacra immagine è stata spostata nell’abside il 15 agosto 1933 quando venne solennemente incoronata e posta sul trono dal vescovo Giacomo Zaffrani. Sedici anni dopo è stato attribuito il titolo di Santuario.

Purtroppo a seguito dei terremoti del maggio 2012 la chiesa parrocchiale è divenuta il simbolo più evidente della distruzione e del disagio che si sono riversati sul paese, anche per tutti coloro che dalle auto potevano vedere in che stato si trovava l’esterno dell’edificio messo in sicurezza.
A differenza di altre realtà vicine, il nostro comune fortunatamente non ha dovuto piangere per la perdite di vite umane, ma si era capito da subito che il cammino della ricostruzione sarebbe stato lungo e impegnativo, anche perché la stessa canonica non era più utilizzabile. Tornati ad una prospettiva di normalità, ci siamo posti dei seri interrogativi riguardo al futuro della grande struttura posta all’inizio di via Spallanzani. Siamo riusciti a portare il materiale necessario presso la scuola materna, così le funzioni religiose e i pellegrinaggi dei 13 del mese hanno mantenuto continuità, a partire dal 13 giugno 2012, e nel 2013 fu il vescovo Massimo Camisasca a presiedere la celebrazione per la prima volta a Brugneto. Una continuità che non si è mai interrotta dagli anni Ottanta: processioni e cerimonie dapprima vicariali, ideate e fatte crescere da don Sergio, poi divenuto monsignor Rossini, fino ad arrivare dopo quasi tre decenni ai tempi dell’unità pastorale come la conosciamo ora.

Continua a leggere l’articolo di Luca Bertoli su La Libertà del 23 maggio

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