Se Dante scrivesse in russo

Una poetessa contemporanea traduce la «Divina Commedia»

Silvia Lo Grasso, reggiana, si è laureata il 23 marzo scorso presso il Dipartimento di Slavistica dell’Università di Bologna in Letterature moderne comparate e postcoloniali con una tesi in Letteratura russa dal titolo “Ol’ga Aleksandrovna Sedakova e Dante Alighieri: una nuova traduzione in russo della Divina Commedia”, relatrice la professoressa Gabriella Elina Imposti. Volentieri pubblichiamo un assaggio del suo lavoro. Chi fosse interessato ad approfondire può mettersi contattare l’autrice scrivendo al suo indirizzo e-mail (silvia.lograsso92@gmail.com).

L’analisi, al centro del mio lavoro, concerne gli studi della poetessa russa Ol’ga Aleksandrovna Sedakova e il suo innovativo approccio alla nuova traduzione della Divina Commedia da lei appena cominciata su proposta di un gruppo di dantisti italiani. Per meglio comprendere le ragioni che hanno portato la poetessa ad accettare tale compito si è rivelato necessario osservare più nel dettaglio i legami tra Dante, la sua opera, in particolar modo la Divina Commedia, e la cultura russa.
Il legame che la poetessa ha con il capolavoro di Dante e con tutta la sua opera affonda, infatti, le radici in un lungo e duraturo rapporto che lega il Poeta e i poeti russi fin dal lontano XVIII secolo, quando la Commedia giunse in Russia.

Vladimiro Bertazzoni ha addirittura datato la nascita dell’interesse degli intellettuali russi verso la Commedia a un anno preciso, il 1757, quando il conte de Cisneros donò all’imperatrice Elizaveta Petrovna una copia in lingua originale del Poema. Da questo momento la Divina Commedia è stata al centro dell’interesse dei maggiori letterati russi, sia come fonte di ispirazione, sia come oggetto di numerosi tentativi di traduzione, basti pensare che il primo frammento tradotto della Divina Commedia risale al 1798.

Possiamo dire che tutti i più grandi scrittori e poeti russi hanno un grosso debito con Dante; non possiamo non citare Puškin, molto spesso paragonato al nostro, che nei manoscritti del suo romanzo in versi Evgenij Onegin (1822) pensava di scegliere, come epigrafe al terzo capitolo, alcuni versi del V canto dell’Inferno per anticipare la tematica del canto. La stessa protagonista, Tat’jana, come Francesca da Rimini, si perde in letture romantiche.
Anche uno dei più celebri romanzi russi, Le anime morte di Gogol’, risente dell’interesse dell’autore per il Poema: con il suo romanzo, Gogol’ desiderava creare un’opera tripartita come quella di Dante, partendo dal racconto delle miserie della quotidianità dei proprietari terrieri russi e piano piano aumentando la caratura morale dei suoi personaggi. In realtà, di questo grande progetto di Gogol’ è rimasto solamente il primo volume, quello che potrebbe essere definito il suo “Inferno”, Le anime morte, poiché il tentativo di inoltrarsi in una trattazione più elevata lo ha lentamente portato alla disperazione e alla decisione fatale di bruciare il secondo manoscritto.

Continua a leggere l’articolo di Silvia Lo Grasso su La Libertà del 16 maggio

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