La Chiesa, i cambiamenti, la memoria

Libera Università Popolare «Aperta…Mente»: dopo l’incontro con don Dossetti, un evento sulla Grande Guerra

Dopo la conferenza tenuta il 25 febbraio scorso da don Giuseppe Dossetti junior nella parrocchia cittadina del Sacro Cuore sul tema “A 50 anni dal Sessantotto. La Chiesa di fronte ai grandi cambiamenti”, di cui parla l’articolo in questa pagina, gli appuntamenti proposti dalla Libera Università Popolare “Aperta…Mente” riprendono con un evento in programma a Rivalta, al Cinema Teatro “Corso”, mercoledì 23 maggio alle 20.45. L’appuntamento, con ingresso a offerta libera, s’intitola “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”: è uno spettacolo sulla Grande Guerra, con la professoressa Silvana Aleotti e l’Ensemble corale “Il Bosco-IsiCoro” diretto dal maestro Francesco Trapani (si veda la locandina riportata a fianco).

Al momento in cui sale al soglio pontificio Giovanni XXIII, nel 1958, la Chiesa offre un’immagine di sé come societas perfetta, comunità autosufficiente, saldamente organizzata, provvista di salda dottrina, strutturazione molto forte del clero e degli ordini religiosi. Parte da qui la riflessione tenuta alla Libera Università Popolare “Aperta…Mente” da don Giuseppe Dossetti.
La contrapposizione al mondo porta ad una mondanizzazione e il tema del potere tocca profondamente la Chiesa. Non è stata fatta invece una riflessione sulle due Guerre, che sono state in realtà una sola grande devastazione nella prima metà del XX secolo, mentre si fa strada la modernità con la sua forte affermazione dell’individuo come misura della realtà.

L’elezione di JF Kennedy, quella di Kruscev e il miracolo economico in Italia fanno crescere un comune ottimismo, ma la tensione rimane molto alta, denunciata dallo scoppio della guerra in Vietnam e della crisi dei missili a Cuba. Giovanni XXIII convoca il Concilio Vaticano II ed è evidente l’intenzione del Papa di aprire la Chiesa al mondo, con un ottimismo evangelico e storico, con una missione tesa a ricomporre tutto il genere umano: “Chiesa fontana del villaggio”. Nel discorso di apertura del Concilio infatti il Papa esprime tutta la teologia di una Chiesa dei poveri…
Tale autocoscienza era in noi molto forte e noi ci abbiamo creduto, dice don Dossetti; non eravamo dei rivoluzionari, e dovevamo tornare ad un’ecclesiologia dell’Eucarestia e della Parola come unici tesori, fare ritorno alle origini per vivere in modo efficace il presente. Il sentimento del Papa è poi espresso in modo completo e nuovo nella Pacem in Terris, con l’espressione “segni dei tempi”.
Il ritorno alle origini e il rinnovamento della Chiesa non è stato quello che noi speravamo e che ci aspettavamo forse anche in modo un po’ ingenuo, dice don Giuseppe.
Vivemmo il Vietnam, aggiunge, come il banco di prova di una nuova Chiesa profetica… ma il peggio doveva ancora venire, perché da quel momento fino agli anni di piombo si susseguirono tanti eventi traumatici, dall’assassinio di Kenney ai carrarmati russi a Praga. In questo periodo si collocano le dimissioni del cardinal Lercaro, dopo il suo discorso contro la guerra in Vietnam che aveva dato molto fastidio agli americani…
I due referendum sul divorzio e quello sull’aborto, poi, misero in crisi definitivamente l’immagine della Chiesa come “fontana del villaggio”, riproponendo invece un’idea di lontananza e inadeguatezza.

Continua a leggere l’articolo di Mariagrazia Medici su La Libertà del 9 maggio

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