Caravaggio, genio e irrequietezza

Il Vescovo a Montecchio ha commentato la Deposizione di Cristo

Folta partecipazione di pubblico a Montecchio sabato 7 aprile all’incontro con il vescovo Massimo dedicato alla lettura del dipinto di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio “La Deposizione dalla Croce”, opera che è attualmente conservata nella pinacoteca dei Musei Vaticani.
L’incontro è stato organizzato dall’associazione Vicedomini Cavezzi di Montecchio Emilia, che ha tra i suoi scopi principali l’impegno di favorire e consolidare l’amore per il sapere e per lo stare insieme.
Dopo l’introduzione da parte della professoressa Iris Gilioli, presidente dell’associazione Vicedomini Cavezzi, il vescovo Massimo ha iniziato tratteggiando la figura della persona di Caravaggio, la cui analisi è fondamentale per capire veramente l’opera del pittore.
L’artista rappresenta un dono che Dio ha dato all’umanità, la cui immensità è stata alimentata dalle traversie che hanno costellato la sua vita dovute al suo temperamento, alla sua facilità all’alterco e alla sua irrequietezza che lo spingeva continuamente a cambiare casa.
Questa irrequietezza è alla base della sua grandezza, perché nasce dall’esigenza dell’esprimere nella sua arte il suo sentirsi ricercato, come braccato da Dio, da cui si lasciava braccare.

La pittura di Caravaggio non è un’arte accademica, è un’arte drammatica intesa come rappresentazione della vita vissuta, non solo per l’utilizzo di modelli reali nei suoi quadri, ma perché esprime con il pennello ciò che vive. Questa peculiarità ha fatto sì che la sua grandezza sia stata riscoperta e valorizzata solo nel secolo passato, mettendo in risalto come Caravaggio ci restituisca nella sua arte non solo il bello, ma un bello che è vissuto e che è anche dramma e sofferenza.

Nell’analisi del dipinto il Vescovo ha messo in risalto come la lastra di pietra dove stanno appoggiando il corpo di Gesù sia il punto di unione tra Gesù, l’artista e lo spettatore. La lastra della deposizione sembra uscire dal quadro con quella spigolosità che vuol raggiungere i nostri cuori. Non è lasciata al caso neanche la rappresentazione dei personaggi. Ci sono due figure centrali, quelle che reggono il corpo di Cristo. Inanzitutto Nicodemo, profondamente segnato dall’incontro con Gesù, è comunque timoroso e diventa un discepolo seppure a distanza, mentre nel momento della morte i ruoli vengono rovesciati e i lontani diventano vicini, e i vicini si allontanano anche se non tutti.

Continua a leggere l’articolo di Annarita Mantovani su La Libertà del 2 maggio

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