Chiamati a essere liberi

All’interno del percorso della Scuola Teologica Diocesana (STD) di quest’anno sulla visione cristiana dell’uomo, proponiamo l’intervento del professor Adriano Nicolussi, docente di religione cattolica, docente di Filosofia contemporanea presso lo Studio Teologico Interdiocesano e del corso Fides et Ratio presso la STD.

Se dovessimo indicare con una sola parola l’ispirazione delle più importanti vicende della storia degli ultimi secoli non potremmo che dire libertà: dalla liberté della rivoluzione francese alle guerre di indipendenza, dalle guerre per la liberazione delle “terre irredente” alle rivoluzioni per la liberazione dallo sfruttamento, e poi le lotte di liberazione dai poteri coloniali, dal potere patriarcale (il ’68), dalle discriminazioni e via elencando senza fine.
È una libertà che in età moderna viene intesa come dato originario, costitutivo, quindi come punto di partenza e diritto inalienabile, come recitano la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti (1776) e le varie carte dei Diritti.

È la libertà come a-priori e come postulato, per dirla con Kant che in questa libertà vede il presupposto dello stesso illuminismo: “Per questo illuminismo non s’esige altro che libertà… Io odo bene da tutte le parti esclamare: Non ragionate! Il militare dice: Non ragionate, ma fate l’esercizio! L’agente delle tasse dice: Non ragionate, ma pagate! Il prete dice: Non ragionate, ma credete! Qui abbiamo tante limitazioni della libertà”. Lo stesso Kant, peraltro, ne evidenzia un inquietante aspetto problematico: questa libertà assoluta è troppo impegnativa per la maggior parte degli uomini che per “la pigrizia e la viltà” preferiscono restare “per tutta la vita minorenni, perché è così comodo essere minorenne”.

La dimensione contraddittoria, addirittura tragica, di una libertà così intesa viene proclamata in termini di insuperabile chiarezza dal Grande Inquisitore ne I fratelli Karamazov di Dostoevskij. In nome di questa libertà, modernamente intesa, egli accusa Cristo di fallimento totale per non aver capito niente di come sia fatto davvero l’essere umano: “Invece di impadronirti della libertà degli uomini, Tu l’hai ancora accresciuta! Avevi forse dimenticato che la tranquillità e perfino la morte è all’uomo più cara della libera scelta fra il bene ed il male? Nulla è per l’uomo più seducente che la libertà della sua coscienza, ma nulla anche è più tormentoso… Invece d’impadronirti della libertà umana, Tu l’hai moltiplicata e hai per sempre gravato col peso dei suoi tormenti la vita morale dell’uomo… Avevi sete di un amore libero… Ma anche qui Tu giudicavi troppo altamente degli uomini, giacché, per quanto creati ribelli, essi sono certo degli schiavi”. Secondo l’Inquisitore solo un ristretto numero di super-uomini potrebbe assumere consapevolmente il dato originario della libertà assoluta, sciolta da ogni presupposto. Uomini senza Dio, o meglio, che facciano di se stessi degli dèi, perché solo “se Dio non esiste, tutto è permesso”. Uomini superiori che si assumano il compito di manipolare tutti gli altri “per il loro bene”, trattando l’umanità come un gregge inconsapevole a cui lasciar credere di non essere mai stato così libero.

Leggi l’intero articolo di Adriano Nicolussi su La Libertà del 21 marzo

Un dipinto di Glazunov ispirato alla «leggenda del Grande Inquisitore» dei Fratelli Karamazov


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