Creature grandi e piccole

Il titolo di un famoso libro di James Herriot (autobiografia avvincente e ironica di un veterinario scozzese) prende spunto da un canto di riconoscenza a Dio per la bellezza del creato e per tutti gli esseri che lo popolano.

In questo periodo dell’anno ricevo tantissime richieste di studenti delle scuole superiori, per svolgere l’”alternanza scuola-lavoro” sperimentando i primi approcci alla medicina applicata al mondo animale. Come mai tanti ragazzi affascinati dalla professione del veterinario? Sicuramente aleggia intorno a questa figura professionale un’idea romantica che nasce dal desiderio di prendersi cura dell’altro, della natura che ci circonda, che va salvaguardata prima di tutto con il rispetto.

Nell’immaginario collettivo il veterinario, rilassato e sorridente nel suo camice bianco, si appresta a fornire le sue cure ad un collaborativo animale malato il quale, con benevola pazienza, si lascerà guarire dal taumaturgo.

Nella realtà il camice non resterà immacolato per più di 5 minuti, il paziente, già nervoso perché non sta bene, non sarà benevolo ma nel migliore dei casi diffidente e, quando ci vedrà avvicinare con arnesi strani si ribellerà alle cure con morsi, graffi, calci a seconda dei mezzi di opposizione di cui è meglio dotato.

Il veterinario deve essere pronto a disdire inviti a pranzo, interrompere cene, cedere biglietti teatrali prenotati mesi prima o trascinarsi dietro per le emergenze altrettanto diffidenti e poco benevoli figli strappati alle loro occupazioni.

La natura continuerà a imporre le sue leggi perfette e incontrastabili e la professione sarà costellata di meritati successi e immeritati insuccessi (ma anche di immeritati successi e meritati insuccessi). Col tempo si impara a non esaltarsi troppo per i primi e a non abbattersi troppo per i secondi. A volte si assiste impotenti al decesso di un animale nonostante si sia fatto tutto il possibile; a volte si sarebbe potuto evitare l’errore o fare meglio, e bisogna ripartire più motivati e preparati di prima.

È impagabile assistere al miracolo della nascita di una vita, così come allo sbocciare della primavera, ricevere la gratitudine di un proprietario nelle cui mani hai riconsegnato l’animale perfettamente guarito, ma anche l’indifferenza di un allevatore che… “si, ok, stavolta è andata bene.. ma il vecchio Dottor Tal dei Tali … lui sì che faceva miracoli!!”

Nelle nostre mani c’è sempre grande responsabilità: che sia la salute di animali di allevamento (da cui dipende l’economia di intere famiglie) o il benessere di animali da compagnia, che ormai occupano un posto importante nella nostra sfera affettiva.

Capita spesso che chi svolge questa professione ne custodisse il sogno fin da piccolo. Alla base della realizzazione di qualsiasi sogno ci sono sempre studio e impegno. Se il motore è una forte passione tanto meglio, la strada sarà meno faticosa.

Ai veterinari del futuro lascio una bella citazione del Dottor Farnon che, rincuorando il giovane Herriot per il suo primo insuccesso, riassume così il suo pensiero: “È una strana professione la nostra! Gli animali sono imprevedibili, perciò tutta la nostra vita è imprevedibile. È una lunga storia di piccoli trionfi e di disastri e bisogna amarla sul serio per sopportarla. Una cosa è certa: non si annoierà mai. Via, beva un altro po’ di whisky!!”

Per commentare la rubrica scrivi a valeria.manfredini@laliberta.info    

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