La CASA è l’inizio del mondo nuovo

Versova (Mumbai): in ritiro con i fratelli e le sorelle della Carità

Continua la pubblicazione degli appunti del vescovo Massimo durante il suo viaggio in India

Nella meditazione scorsa ho parlato delle tre mense (si veda La Libertà del 13 gennaio, pagina 18). Oggi parlerò dell’espressione “Casa della carità”, soffermandomi sulla parola casa. Don Mario è stato geniale a trovare questa definizione. Nel termine casa sono racchiusi molti significati. Tutte le parole semplici sono anche le più ricche. Don Mario ha scelto le parole pane e casa per questo Istituto. Il più importante romanzo della letteratura italiana sono I promessi sposi. Esso contiene molte parole, ma le più frequenti sono pane e casa.
Vorrei soffermarmi sulla parola casa. Innanzitutto quel termine significa stabilità. Quando si fa una casa, si dà fondamento a una convivenza. Si costruisce una casa per potere vivere assieme, sperando che sia per lungo tempo. Anche se si è soli, si dispongono le cose in modo da potere avere una compagnia attraverso di esse. Una casa quindi indica un rapporto stabile con le persone e le cose. Riassumendo: la parola “casa” significa: comunione e stabilità. Penso che don Mario si sia riferito a questo quando ha scelto questa parola. La casa crea comunione tra persone che potevano rimanere sole e dà stabilità a questa comunione. Dovete meditare queste mie parole per comprendere cosa è una casa.

In questa prospettiva, scopriamo che molte case in realtà non sono case, perché non sono luoghi di comunione. Sono invece luoghi di solitudine, di contrasto e di guerra, di disperazione. Il vostro primo compito è offrire un’immagine vivente di casa come comunione.
Vorrei ora entrare in un ulteriore approfondimento. La casa è il luogo dove siamo sempre di fronte al mistero dell’altro. Soltanto così una casa è una vera casa, la vostra house diventa home. Nella cultura pagana, mistero è ciò che non può essere conosciuto e non può essere avvicinato. Ho visto molta cultura pagana in India e molta cultura del mistero. Basta avvicinarsi a un tempio indù per capirlo. Il mistero è una forza che devo cercare di conquistare o di allontanare. Nella cultura pagana, i misteri sono potenze sconosciute che possiamo usare o da cui dobbiamo proteggerci. Nel cristianesimo il mistero invece è l’azione di Dio per salvarci. San Paolo parla di un mistero nascosto nei secoli. Il mistero è un’azione infinita, non possiamo mai esaurirla, non possiamo sapere dove inizia né dove finisce. Il mistero non è l’inconoscibile, ma ciò che si può conoscere infinitamente. Ad esempio, la persona di Gesù è un mistero. Non perché non lo posso conoscere, ma perché posso conoscerlo infinitamente e la sua umanità è una porta verso la sua infinita divinità.
Nelle vostre case c’è un triplice mistero che è in realtà un unico mistero. Il primo mistero è quello del fratello e della sorella.

Il mistero del fratello
Il fratello o la sorella sono una realtà concreta, storica, con un volto, un carattere e una storia personale. Possono essere simpatici o antipatici, ma sono la strada attraverso cui Dio mi raggiunge. Essi sono il primo segno di Cristo. Usiamo la parola cristiana: ogni fratello e sorella è il sacramento di Cristo.
Sono la prima vicinanza di Cristo a me. In fondo ogni cosa è un mistero, perché tutto è un segno dell’infinito. Quando preparate da mangiare, il cibo che preparate è un segno dell’infinito. Gesù ha detto: “Un bicchiere di acqua fresca è il segno dell’infinito”. Tutta la vita si riassume in un bicchiere di acqua fresca. Ogni piccola azione dell’uomo ha un peso infinito.
Un altro esempio: quando incontro per la prima volta una persona, posso essere colpito da un particolare per esempio i suoi occhi furbi. Poi, nel tempo, la conoscenza dell’altro diventa sempre più profonda. La persona è un mistero. Di una persona possiamo conoscere molte cose, ma non possiamo mai esaurirne il mistero. Nessuno può essere conosciuto completamente. Il luogo più segreto della persona è il luogo del suo dialogo con Dio.

Leggi il testo integrale degli appunti del vescovo Camisasca su La Libertà del 24 gennaio



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