Natale del 1917

“Dal mill e novsèint derset ieren andé a mesa d’Nadél dai tedesch”. Notizia sorprendente oggi, non per tutti nel 1968, in mezzo alla retorica del cinquantenario della Vittoria e del venticinquesimo della dell’inizio del movimento della Resistenza. In effetti, anche il cronista che l’aveva casualmente udita lì per lì non ci aveva fatto caso più di tanto. Anni dopo, però, ritrovando il suo amico e compagno di scuola N. Bianchi, quella notizia – al momento soltanto una frase enigmatica – gli era tornata a ronzare nella testa.

“Senti – gli disse – che cos’è questa storia di tuo nonno che nel mille e novecento diciassette era andato a messa dai tedeschi? Anzi, erano andati, perché quel «ieren», nel tuo dialetto, è un plurale”.
“È una storia davvero strana – gli rispose N. Bianchi – Il nonno non ha mai voluta raccontarla. Aveva sempre avuto paura che, se quel fatto si fosse risaputo, sarebbero stati denunciati, lui e i suoi due commilitoni, alla Corte Marziale”.
“Ma anche a cinquant’anni dalla fine della guerra?”.
“Anche. A Gorizia ne aveva viste tante e poi tante che ormai non si fidava più di nessuno”.
“Ma, adesso, si può sapere com’è andata quella faccenda?”.
“Ti racconterò, perché il nonno non è stato né un vigliacco, né un traditore, come avrebbero potuto credere a quel tempo”.

Nell’inverno 1917 il nonno N. Bianchi (a me han dato il suo nome, com’era usanza nelle famiglie contadine) era esattamente sulla linea del fronte. Di qua gli italiani, cento metri di là gli austriaci, o i tedeschi come dicevano.
Ogni tanto, d’ordine del tenente, il classico elmetto alzato su un bastone appena appena oltre la linea della trincea e la classica risposta dei tedeschi. Un ta-pum che lo sfiorava. Come a dire: siamo ancora qui. Non pensiate che ce ne siamo andati.
Nel plotone del nonno c’erano altri due fanti che di cognome facevano uno Rossi, l’altro Verdi. Emiliani anche loro e, forse, non troppo simpatici al tenente “terrone”. Il quale ebbe la buona idea di raggrupparli tutti e tre in una pattuglia denominata, appunto, la Patriottica. Una presa in giro, tutto sommato. E, siccome non davano a vedere di apprezzare molto la sua retorica patriottarda (“Vi farò vedere quando sarò capitano e colonnello!”, diceva), i compiti più rischiosi spettavano sempre a loro.

Leggi tutto l’articolo di Umberto Maria Zuppi su La Libertà del 23 dicembre

La redazione de La Libertà augura a tutti Buon Natale!

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