Ho ricevuto tutto gratis: per questo sono povero

Editoriale del Vescovo per la Giornata Mondiale dei Poveri

La povertà, assieme all’obbedienza e alla verginità, rappresenta per ogni cristiano una via privilegiata per immedesimarsi con la vita di Cristo. Essa è una finestra che ci colloca più vicini al modo di agire di Cristo, al suo rapportarsi con il Padre, con gli altri e con il mondo. Perciò, per ricevere qualche luce su questo tema, è necessario abbandonare le idee che già abbiamo e spingere lo sguardo nella contemplazione di Cristo. Solo così potremo realmente accedere a una comprensione adeguata e cristiana.

Qual è stato il rapporto di Gesù con il denaro? Innanzitutto, egli non ha disprezzato i soldi, ma non ha fondato la sua vita su di essi. Tra coloro che lo seguivano c’erano delle donne, fra cui la moglie di un amministratore di Erode. Aveva affidato a uno degli apostoli l’economia del gruppo. Era attento alle questioni di denaro, ma non ne dipendeva. Non era pauperista, era povero. Non ha fatto del mangiare e del bere lo scopo della sua vita, anche se era chiamato mangione e beone (cfr. Mt 11,19). Spesso parlava per ore, dimenticandosi di mangiare. Conosciamo bene l’episodio in cui la folla, dopo una giornata ad ascoltare la predicazione del Maestro, si trova affamata lontana da casa (cfr. Gv 6,1-14).
Anche Gesù avrà avuto fame. Egli non ha mai disprezzato il cibo, eppure la missione era più importante del mangiare. Nel vangelo lo vediamo più volte sedersi a tavola (cfr. ad esempio Mt 9,10; Lc 11,37; Gv 2,9). Questa immagine è quella che descrive il Paradiso (cfr. Is 25,6). La sua vita non era tesa al lusso: nasce a Betlemme, morirà nudo. La sua veste era senza cuciture (cfr. Gv 19,23), cioè era vestito in modo decente. Avere una casa non era lo scopo della sua vita, ma non ha disprezzato le case. Si pensi a Nazareth, Cafarnao, Betania.

Leggi il testo integrale dell’editoriale di monsignor Camisasca su La Libertà del 18 novembre

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