Alternanza scuola, lavoro, vangelo

Si dice che il Vangelo debba parlare alla nostra vita, e per me questo “parlare” è sempre stato rivolto alla sfera delle relazioni personali, delle amicizie o dei luoghi di servizio.
Domenica 5 Novembre però, ascoltando il Vangelo ho pensato alla scuola.. vabé dai… era anche abbastanza prevedibile come cosa, si parlava di maestri!

In particolare di maestri che “dicono e non fanno”.

A parte il livello di ansia esistenziale che può scatenarsi da questo versetto, questo frase del Vangelo mi ha fatto pensare in particolare all’alternanza scuola-lavoro.

Ma facciamo un passo indietro.

Lo scorso Luglio, ho partecipato ad un ritrovo nazionale del Movimento Studenti Azione Cattolica: una parte dell’AC in cui i ragazzi e le ragazze che frequentano le superiori si danno da fare per vivere la scuola da protagonisti. Dato che con l’Azione Cattolica Giovani stiamo pensando di far partire MSAC anche a Reggio, sono andata in esplorazione di questo curioso mondo di studenti appassionati.

Tra tutti i giovani provenienti da diverse parti d’Italia io ero nettamente la più vecchia. Sono stata in un angolo a prendere appunti come una di quelle misteriose tirocinanti che ogni tanto entrano in classe, si mettono in disparte scrivono tutto il giorno per qualche giorno, per poi misteriosamente sparire.

Durante le attività di gruppo, sono capitata con alcune ragazze che si confrontavano sull’alternanza scuola-lavoro; la discussione era fatta sulla base di diverse interviste, articoli presi da più quotidiani, decreti ministeriali… tutto fornito dagli organizzatori (i più grandi dell’iniziativa: 19-20anni).

Le ragazze raccontavano le loro soddisfazioni e delusioni, le loro perplessità rispetto alle loro esperienze di “alternanza” e dai loro racconti emergeva un certo senso di spaesamento rispetto a questa attività didattica. Lamentavano anche disorganizzazione dei prof, superficialità e disinteresse.

Insomma, sembrava un po’ di assistere a un consiglio di classe al contrario, con gli studenti al posto dei professori.

Sui loro volti ho letto la delusione per una mancata prova di qualità da parte della scuola (e della politica); non era una delusione piena di rabbia contro il sistema, era la delusione di ragazze che cercano di vivere la scuola come un’esperienza positiva e formativa per la vita, non una semplice parentesi tra due sabati sera.

Nella fattispecie, per essere al Campo nazionale MSAC per parlare di scuola, avevano preso un aereo, un treno e un pullman, nel pieno dell’estate, per potersi confrontare con persone che non conoscevano. 

Ho pensato quindi a tutte le volte in cui la scuola delude i ragazzi, quando chi dovrebbe essere maestro “dice e non fa”. Quante volte pretendiamo dai ragazzi che si impegnino, che si ingegnino davanti a compiti difficili, per imparare a non scoraggiarsi davanti alla fatica e alle difficoltà e per scoprire le proprie potenzialità.

Ricordiamo loro che anche fare quello che non piace o non si condivide può essere educativo; eppure, ci sono diverse situazioni in cui quello che la scuola pretende dai ragazzi, non riesce poi ad offrirlo nel momento in cui i compiti sono assegnati ai prof.

L’alternanza scuola-lavoro è, prima di ogni opinione personale a riguardo, un compito impegnativo assegnato alla scuola.

Quante scuole, quanti prof nello svolgimento di questo difficile compito puntano alla sufficienza, si nascondono per non essere interrogati, rimandano e rischiano la bocciatura.

È vero, non sempre è facile trovare realtà che accolgano gli studenti, collocazioni dove possano avere anche un aggancio al percorso di studi.

È difficile e costa fatica, ma proprio per questo la scuola dovrebbe raccogliere questa sfida nel modo più propositivo possibile.

Questo anche nella sua dimensione più quotidiana, come per esempio: pretendere silenzio dai ragazzi per poi parlare tutto il tempo durante i consigli di classe, oppure protestare per il poco rispetto dell’insegnante da parte dello stato per poi uscire per una pausa caffè di 40 minuti durante gli scrutini, educare i ragazzi alla legalità per poi far dichiarare loro di aver svolto l’alternanza presso associazioni in cui non sono mai stati.

Ecco quindi a cosa e a chi ho pensato, ascoltando Gesù che parla di maestri che dicono e non fanno.

Ho pensato all’alternanza scuola-lavoro e ho pensato a questo gruppo di ragazze sarde, del loro stile costruttivo di dialogo e ascolto nei confronti di un argomento in cui sarebbe stato facile fare della libera polemica. Loro, testimoni di passione scolastica, sono nella posizione giusta per pretendere dalla scuola, dagli insegnanti, da me, di mettere la stessa passione nei compiti più impegnativi.

Perché i ragazzi potranno non studiare chimica, ma continueranno a studiare più di tutto noi insegnanti, la nostra coerenza e credibilità.

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