Guareschi, Ligabue e Zavattini: incontro-scontro col trascendente

Su La Libertà del 7 ottobre, presentando la mostra su Ligabue e Zavattini in corso a Palazzo Bentivoglio di Gualtieri (visitabile fino al 12 novembre), abbiamo scritto di Ligabue. Oggi ci dedichiamo a Cesare Zavattini, nato a Luzzara il 30 settembre 1902 e morto a Roma il 13 ottobre 1989, a 87 anni.
Nella mostra di Gualtieri è presente il fondo archivistico Zavattini, donato alla Biblioteca “Panizzi” di Reggio Emilia, più qualche altra opera significativa.

La curiosità di Zavattini
Zavattini nei suoi autoritratti esprime una profonda curiosità nei confronti della vita. Il logo della mostra è rappresentato dal “Grande autoritratto” (foto 1), dal volto stilizzato e vuoto, perché aperto ai tanti quadretti della vita, che ha di fronte. Infatti egli è considerato uno dei maestri del neorealismo italiano, iniziato con la sceneggiatura di Quattro passi tra le nuvole di Alessandro Blasetti del 1942 con Gino Cervi, fino ad arrivare a Ladri di biciclette di Vittorio De Sica del 1948. Poi a poco a poco il suo neorealismo si ridimensiona, perché viene filtrato attraverso l’interpretazione ideologica. Lo stesso percorso si osserva nei suoi quadri.

L’esistenzialismo psicologico
I quadri di Zavattini assomigliano ai racconti di Giovannino Guareschi, suo coetaneo, parmigiano (Fontanelle di Roccabianca 1908- Cervia 1968), ma costretto a sceneggiare i suoi film in terra reggiana, perché il regista Julien Duvivier aveva trovato in Brescello la loro giusta ambientazione.
è il tempo dell’esistenzialismo filosofico di Heidegger e Jasper e letterario di Sartre, dove l’io e il trascendente, attraverso il sentimento, sono in un rapporto di amore-odio. La ragione serve a scoprire il limite dell’io, ma non a superarlo.
Guareschi, Ligabue e Zavattini portano l’esistenzialismo nella Bassa reggiana. Essi lo vivono fino all’incontro-scontro col trascendente. Accomuna i tre artisti una sorta di gigantismo esagerato ed aggressivo, che fatica a misurarsi con gli altri, se non attraverso duri conflitti. è l’urlo, che libera fino in fondo il loro mondo.

Continua a leggere tutto l’articolo di Daniele Rivolti su La Libertà del 28 ottobre