Non «illegali», ma fratelli

Il dramma messicano nelle parole di padre Alejandro Solalinde

No, non sono illegali, sostiene padre Alejandro Solalinde, anzi sono i migranti che stanno scrivendo la storia di un’epoca nuova. Padre Alejandro Solalinde è un sacerdote messicano, minacciato dai narcotrafficanti e perfino incarcerato nel suo Paese per il proprio lavoro accanto ai profughi centroamericani. Nel 2007 ha fondato l’Albergue “Hermanos en el camino” nella città di Ixtepec quale luogo di accoglienza e assistenza di una parte dei circa ventimila migranti che ogni anno attraversano il Messico provenienti da El Salvador, Honduras, Guatemala. L’otto maggio scorso è stato ospite a Reggio Emilia dell’associazione internazionale “Tonalestate” con il “Centro culturale One Way di Reggio Emilia, il Centro Missionario Diocesano, “I Sant’Innocenti- Onlus”, l’Ufficio Migrantes della Diocesi, The Great Theachers”, “Libera” e la cooperativa di solidarietà sociale “L’Ovile” in occasione della pubblicazione per l’Editrice Missionaria Italiana del libro scritto con la giornalista Lucia Capuzzi “I narcos mi vogliono morto”.

Nell’Aula Magna dell’Università cittadina, Maria Paola Azzali, presidente dell’associazione “Tonalestate”, e Nazario Ferrari, direttore del Centro culturale “One Way” di Reggio Emilia, hanno rappresentato al tavolo tutte le associazioni promotrici dell’evento e hanno accolto il vescovo di Reggio Emilia-Guastalla monsignor Massimo Camisasca e l’assessore Serena Foracchia in rappresentanza dell’Amministrazione comunale. Il Vescovo, nel suo caloroso saluto di benvenuto a padre Solalinde, ha immediatamente guidato l’ascolto del pubblico, composto da tanti giovani, dicendo che il nostro tempo ha grande bisogno di luci e “le luci sono sempre persone”.
Il racconto della situazione messicana è crudo. Padre Alejandro si sofferma sulle grevi ombre della persecuzione, della corruzione e delle inaudite violenze ad opera di cartelli come “Los Zetas”, spietati e sanguinari oltre che da una polizia corrotta e malavitosa. La Commissione nazionale dei diritti umani messicana ha documentato 11.333 sequestri di persone in sei mesi, la maggior parte scompaiono nel nulla dopo aver percorso il calvario dell’umiliazione, delle più atroci violenze fisiche e morali, dei ricatti alle famiglie, delle estorsioni e, infine, della morte. La più parte dei desaparecidos sono migranti.

Leggi tutto il testo dell’articolo di Donatella Gregori su La Libertà del 20 maggio

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